Tumore alla prostata: come riconoscerlo e curarlo

PUBBLICATO IL 27 NOVEMBRE 2020

Il tumore alla prostata è uno dei tumori maschili più frequenti per il quale la diagnosi precoce gioca un ruolo importante. Facciamo il punto su cause, fattori di rischio e cure con il nostro esperto. 

Il tumore alla prostata è una delle patologie a cui è dedicato il mese di Novembre, in generale rivolto alla salute urologica maschile. La neoplasia prostatica è uno dei tumori più frequenti negli uomini, dove rappresenta il 20% di tutte le diagnosi di tumore, seguito poi da quello del polmone (13%) e del colon-retto (9%). 

Proprio perché è così diffuso, il tumore alla prostata non deve essere sottovalutato: averne consapevolezza, fin da giovani, può portare a una corretta prevenzione e a una diagnosi precoce. Se si interviene per tempo la mortalità della malattia è, infatti, molto bassa: grazie a nuovi protocolli medici a tecniche chirurgiche mininvasive, oggi la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è sopra il 90%

Ne parliamo insieme al nostro esperto, il professor Francesco Montorsi, primario dell’Unità di Urologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario dell’Università Vita-Salute San Raffaele.

L’incidenza del tumore alla prostata

Il tumore alla prostata ha un’incidenza maggiore nella fascia over 50, anche se viene considerato da molti come una malattia tipica della terza età. Circa due terzi dei tumori di questo tipo sono infatti diagnosticati in persone con più di 65 anni. Ciò non deve però farci abbassare la guardia.

“Non dimentichiamo che anche i cosiddetti giovani adulti possono sviluppare la malattia: negli ultimi trent’anni abbiamo visto un aumento di casi anche negli uomini sotto ai 40 anni. E purtroppo la diagnosi nei più giovani è spesso associata a un decorso più rapido e una maggiore aggressività del tumore” spiega il professor Montorsi.

Le cause e i fattori di rischio

Sebbene il principale fattore di rischio sia dato dall’età del paziente, una componente non trascurabile è rappresentata dalla familiarità. Chi ha avuto un parente stretto consanguineo con la malattia, come un padre o un fratello, è ben due volte più a rischio di ammalarsi rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia.

Recenti studi stanno mostrando come alti livelli di ormoni specifici, come il testosterone o IGF1, o la mutazione di alcuni geni, il gene HPC1 o i geni BRCA1 e BRCA2, già coinvolti per il tumore al seno, possano promuovere l’insorgenza di cancro alla prostata. Questi fattori predisponenti sembrano però giocare un ruolo piuttosto contenuto, almeno stando alle attuali evidenze scientifiche: si riscontrano in meno del 10% dei pazienti.

Non sono invece da sottovalutare i fattori ambientali, quelli legati cioè agli stili di vita che- spiega l’esperto - sono fattori di rischio che potrebbero essere correlati a forme tumorali più aggressive. Tra questi:  

  • obesità
  •  fumo di sigaretta
  •  mancanza di esercizio fisico”.

L’importanza di una diagnosi precoce

Sono la prevenzione e la disponibilità di strumenti di diagnosi precisi e precoci a rendere il tumore alla prostata uno dei più curabili: prima si individua il problema, più alte sono le probabilità di guarire e di farlo attraverso terapie poco invasive.

Stiamo parlando, da una parte, di strumenti diagnostici, come la risonanza magnetica multi-parametrica, sempre più accurati e in grado di individuare tumori anche di piccolissime dimensioni,  e dall’altra dei controlli di screening, che vanno effettuati con una frequenza variabile a seconda delle fasce d’età e della storia personale del paziente. 

Sopra i 50 anni, se si ha familiarità anche dai 45 anni, è bene che tutti gli uomini si sottopongano all’esame del PSA, un semplice esame del sangue che identifica l’eventuale presenza dell’antigene prostatico specifico (PSA): dei valori alterati potrebbero essere il primo campanello d’allarme per il tumore alla prostata. 

I risultati dell’esame vanno comunque valutati insieme al medico competente che giudicherà se richiedere controlli ed esami più approfonditi - aggiunge Montorsi -. Avere livelli alti di PSA non assicura la presenza di un tumore, esattamente come avere un livello basso non lo può escludere completamente.”

Le cure attualmente disponibili

Oggi le possibilità terapeutiche per curare il tumore alla prostata sono diverse e vanno valutate insieme allo specialista:

  • chirurgia tradizionale e robotica
  • radioterapia
  •  terapia ormonale.

A seconda dell’età e della gravità della malattia, infatti, il medico può consigliare e personalizzare la terapia più adatta al paziente.

“L’avanzamento delle tecniche chirurgiche e delle terapie sono stati fondamentali per ottenere i successi che stiamo vedendo oggi nel tumore alla prostata. Ma c’è dell’altro. Tutto questo è stato infatti possibile anche grazie al lavoro di team multidisciplinari e a trattamenti sempre più personalizzati

Ciò significa seguire ogni paziente nel suo percorso clinico dalla diagnosi alla scelta della terapia mettendo al centro di ogni considerazione il suo vissuto e la sua storia clinica” conclude il prof Montorsi.

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