Tumore del colon-retto: l’intervento in laparoscopia

PUBBLICATO IL 29 MARZO 2023

Il tumore colorettale, ad oggi, è la terza neoplasia nel mondo per incidenza, dopo quello del polmone e della mammella. È importante sottolineare, però, un dato positivo: grazie alla diagnosi precoce e al miglioramento delle cure a disposizione, la percentuale di guarigione dal tumore del colon-retto è oggi elevata, intorno al 60% dei casi, e la mortalità, negli ultimi anni, in forte calo. 

Come si tratta il tumore al colon-retto con laparoscopia e come avviene l’intervento? Ne parliamo con il Prof. Ugo Elmore, direttore del programma di Chirurgia Oncologica e Mininvasiva dell’apparato digerente e del peritoneo presso l'Unità Operativa di Chirurgia Gastroenterologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal Prof. Riccardo Rosati.

 

Cos’è il tumore colorettale e quanto è diffuso

Per neoplasie del colon-retto intendiamo tutte le neoformazioni che derivano da un’anomala proliferazione delle cellule dalla mucosa dell’intestino crasso che va dalla valvola ileocecale all’ano.

Secondo l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, ogni anno ci sono 48.100 nuove diagnosi di tumore colorettale. Questi numeri non devono spaventare, bensì tenere alto il nostro stato di allerta: infatti, esistono aumentate possibilità di guarire da questa patologia, così come tassi di mortalità inferiori rispetto a quelli degli anni passati, grazie allo screening precoce ed ai numerosi trattamenti a disposizione dei pazienti.

Purtroppo, negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento delle diagnosi nei pazienti con età inferiore ai 50 anni, prevalentemente in seguito all’insorgenza di sintomi individuati tramite screening del sangue occulto nelle feci o con esame endoscopico. 

 

I sintomi

I sintomi e i segni tipici possono essere talvolta sfumati, ma generalmente sono rappresentati da: 

  • perdita di sangue nelle feci; 
  • dolore addominale; 
  • calo dei livelli di emoglobina e di ferro nel sangue e/o a cambiamenti nella funzionalità intestinale. 

Tuttavia, a volte il tumore si può manifestare in maniera più acuta con un quadro di vera e propria occlusione intestinale (vomito e distensione addominale). 

I pazienti, che hanno già una storia familiare di cancro colorettale o sono affetti da sindromi genetiche che ne determinano una predisposizione, meritano una maggiore attenzione e devono essere sottoposti a dei programmi di prevenzione più precoci e serrati.

 

Il trattamento del tumore al colon-retto

Il trattamento del tumore al colon-retto è variabile, in base allo stadio del tumore alla diagnosi: si va dalla chirurgia tradizionale o laparoscopica alla sua combinazione con chemioterapia o radioterapia

Durante l’intervento, il chirurgo procederà a rimuovere la parte del tratto intestinale interessata, mediante la cosiddetta ‘emicolectomia’ – o asportazione chirurgica di una metà del colon – destra o sinistra, oppure tramite resezione del retto, per via anteriore o per via addominoperineale. 

Contestualmente all’asportazione del tratto in cui si trova la neoplasia verrà deciso se asportare anche i margini sani e i linfonodi ad esso associati per poi ripristinare la funzionalità e la continuità del collegamento digestivo.

Talvolta, generalmente per i tumori più vicini all’ano è indicato eseguire anche una stomia, ossia una deviazione del contenuto intestinale all’esterno tramite un’apertura sull'addome (nella maggior parte dei casi temporanea e, attualmente, solo in una minima percentuale di interventi definitiva) per arrivare ad una completa radicalità oncologica. 

 

L’approccio chirurgico laparoscopico

Negli ultimi decenni, l’approccio chirurgico laparoscopico ha progressivamente preso il posto di quello convenzionale. Rispetto al tradizionale intervento, che prevedeva un’incisione addominale di dimensioni variabili da caso a caso, questa metodica permette di eseguire lo stesso intervento mediante incisioni di pochi millimetri, effettuate dopo aver ‘gonfiato l’addome’ con gas apposito, in cui vengono inseriti una telecamera e gli strumenti chirurgici necessari per svolgere l’operazione.

A fronte della necessità di un adeguato addestramento da parte del chirurgo, i benefici sui pazienti sono importanti: i dati della letteratura, così come l’esperienza clinica pluridecennale dell’ équipe, hanno evidenziato un netto beneficio sia nel tempo di degenza sia nelle complicanze postoperatorie, a parità di risultati oncologici. 

La tecnica laparoscopica, ad oggi, è l’approccio preferenziale, ma la decisione finale deve essere sempre presa in accordo con il team degli anestesisti dal momento che alcune patologie cardiologiche ne rappresentano una controindicazione assoluta.

Attualmente, delle 200 resezioni colorettali eseguite ogni anno dall’équipe di Chirurgia Gastroenterologica, l’80% viene portato a termine con successo mediante un approccio laparoscopico mininvasivo.

 

La convalescenza dopo una laparoscopia

Se non sopraggiungono complicanze, la dimissione dopo l’intervento è prevista in media dopo 5 giorni; a seguire, verrà programmato un controllo ambulatoriale a distanza di circa 1 settimana e un altro dopo 1 mese

Pur con una certa variabilità legata ai diversi casi clinici, la laparoscopia consente un rapido recupero a domicilio delle proprie attività quotidiane, garantendo una buona qualità di vita nel periodo di convalescenza domiciliare e migliori tempi di ripresa lavorativa, sociale ed affettiva.

I protocolli ERAS per una rapida ripresa post-operatoria

I pazienti, prima e dopo l’intervento chirurgico, seguono i protocolli ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) di cui il team di Chirurgia Gastroenterologica del San Raffaele è stato pioniere in Italia sin dall’introduzione nella corrente pratica clinica. Si tratta di protocolli di gestione peri-operatoria, standardizzati e riconosciuti a livello internazionale, che facilitano la rapida ripresa dopo gli interventi di chirurgia maggiore e ne migliorano i risultati.

Questo percorso assistenziale prevede il coinvolgimento attivo del paziente tramite alcuni provvedimenti e accorgimenti che vengono adottati nella fase precedente ed in quella successiva all’operazione: in questo senso, dopo essere stato adeguatamente preparato all’intervento chirurgico, viene sostenuto e seguito anche nella sua fase successiva dall’équipe medica e da un insieme di figure professionali diversificate, ma specializzate nella patologia colorettale, quali nurse navigator, fisioterapisti, infermieri e nutrizionisti.

 

L’Unità di Chirurgia Gastroenterologica del San Raffaele 

Presso l’Unità di Chirurgia Gastroenterologica è attivo un gruppo multidisciplinare colorettale composto da chirurghi, oncologi, radioterapisti, gastroenterologi, radiologi ed altre figure professionali, per discutere collegialmente i casi e garantire una terapia personalizzata sul singolo paziente

Questo approccio, unito al continuo progresso nelle terapie sistemiche e intraperitoneali, permette di trattare efficacemente stadi della patologia sempre più avanzati, fino a pochi anni fa considerati intrattabili come, per esempio, le metastasi epatiche o peritoneali, riducendo significativamente il numero degli interventi più demolitivi e mutilanti.

Il team di Chirurgia Gastroenterologica, inoltre, da anni partecipa e condivide la propria esperienza in un gruppo italiano di ricerca e di aggiornamento di protocolli inerenti alla chirurgia oncologica colorettale, denominato iCRAL (italian ColoRectal Anastomotic Leakage study group). In quest’ottica, ad esempio, si è impegnato ad allinearsi alle linee guida internazionali del PBM (Patient Blood Management) nella gestione peri-operatoria dell’anemia, tipica manifestazione di esordio della patologia colorettale.

 

Covid-19 e tumore colorettale

Come per le restanti patologie oncologiche, anche per il tumore del colon-retto si è assistito nel 2020 ad un calo delle nuove diagnosi e ad un aumento di quelle tardive. 

La U.O. di Chirurgia Gastroenterologica, insieme ad altri 20 ospedali del Nord Italia, ha preso parte ad uno studio multicentrico, pubblicato su  British Journal Surgery, rivista tra le più prestigiose nel nostro campo, che ha dimostrato come l’epidemia di Covid-19 abbia comportato uno shift del tumore verso stadi più avanzati.

Tuttavia, con la fine della pandemia si sta verificando non solo una ripresa, ma persino un miglioramento nella copertura dello screening rispetto al periodo pre-pandemico. 

Cura e Prevenzione Cancer Center