Cos’è la cardiopatia ischemica e le cure possibili

PUBBLICATO IL 06 DICEMBRE 2022

Il cuore è il motore del nostro organismo ed ha il compito di pompare il sangue, ricco di ossigeno, a tutto il corpo. Anche questo organo però, come tutti, ha bisogno di essere adeguatamente ‘irrorato’ per funzionare. 

A volte ciò non accade a causa di una cardiopatia ischemica, una malattia molto frequente che comprende tutte le condizioni nelle quali si ha un carente apporto di sangue e di ossigeno al cuore

Di cosa si tratta, perché è importante riconoscerla in tempo e come trattarla? Ne parliamo col dott. Matteo Montorfano, primario dell’Unità Operativa di Cardiologia Interventistica ed Emodinamica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

Cos’è la cardiopatia ischemica e le sue cause

La cardiopatia ischemica è una malattia molto comune, che colpisce gran parte della popolazione del mondo e si verifica in tutte le situazioni in cui il cuore riceve un insufficiente apporto di sangue e di ossigeno. La causa più frequente della cardiopatia ischemica è proprio l’ostruzione (improvvisa o graduale) delle coronarie, le arterie che nutrono il cuore. 

Nella maggior parte dei casi l’ostruzione delle coronarie è provocata dall'aterosclerosi, una condizione tipica per cui la presenza di placche ad elevato contenuto di colesterolo sulle pareti delle arterie coronarie determina un restringimento del lume del vaso con conseguente riduzione del flusso di sangue al cuore. 

Quando l’ostruzione si sviluppa gradualmente, nell’arco di mesi o anni, si ha una condizione cronica detta angina pectoris. Quando l’ostruzione della coronaria si verifica improvvisamente, si ha l’infarto miocardico. 

 

I sintomi

Il sintomo più frequente e tipico dell’angina pectoris è il dolore al petto, che si manifesta come un'oppressione e può irradiarsi al collo, al braccio sinistro o destro.

Caratteristica del dolore è quella di comparire tipicamente durante uno sforzo o in seguito ad una emozione: in queste situazioni il cuore richiede un maggiore apporto di energia, condizione impossibile da soddisfare in caso di ostruzione delle coronarie.

Usualmente nel caso dell’infarto invece il dolore al petto insorge improvvisamente e non è correlato allo sforzo.

 

Come si diagnostica

La diagnosi di cardiopatia ischemica viene effettuata attraverso una serie di esami strumentali quali:

  • l’elettrocardiogramma;
  • il test da sforzo;
  • l’ecostress; 
  • la scintigrafia miocardica;
  • la risonanza magnetica da sforzo.

Queste sono tutte possibilità diagnostiche che permettono di vedere in modo indiretto lo stato di salute delle coronarie.

Esistono anche altre modalità attraverso le quali è possibile valutare le coronarie in modo diretto: il primo è rappresentato dalla ANGIO-TC, un esame non invasivo che consente di valutare la presenza di restringimenti dei vasi coronarici, secondari a calcificazioni o placche aterosclerotiche; il secondo è la coronarografia, un esame invasivo attraverso il quale è possibile visualizzare direttamente le coronarie per visionarne eventuali restringimenti ed ostruzioni.

 

Le cure

Se la lesione coronarica è moderata il trattamento è puramente medico, mediante farmaci specifici somministrati anche per bocca che hanno il compito di ridurre l’ischemia del cuore.

Se invece la lesione è più grave, può essere necessario procedere con l’intervento di angioplastica coronarica o bypass aorto-coronarico, a seconda dei casi.

L’angioplastica coronarica: un intervento mininvasivo 

L’angioplastica coronarica percutanea prevede la dilatazione della coronaria attraverso l'inserimento, in corso di coronarografia, di un piccolo palloncino gonfiato ed espanso in corrispondenza del restringimento dell’arteria, poi stabilizzato con un impianto di stent (gabbia metallica a maglie in cobalto cromo, rivestita di un farmaco in grado di impedire la cosiddetta ‘re-stenosi’, cioè il ripresentarsi della placca nella zona trattata). 

L’intervento viene effettuato in sala di emodinamica, a seguito di coronarografia, in anestesia locale, mediante sedazione modesta e con paziente sveglio. Si tratta di una procedura mininvasiva: nella maggior parte dei casi è sufficiente una notte di ricovero per tale trattamento. 

Per quanto mini-invasiva, la procedura in alcuni casi può essere complessa e richiedere l’utilizzo di dispositivi volti a ‘rompere’ le placche calcifiche (con utilizzo di una litotrissia simile a quella utilizzata per i calcoli renali) o a ‘fresare’ le stesse (con una vera e propria fresa miniaturizzata). 

Una volta effettuato l’intervento e nei primi mesi successivi all’impianto di stent, è richiesta una terapia antiaggregante che mantenga il sangue particolarmente fluido per evitare la formazione di trombi e coaguli. È fondamentale che la terapia antiaggregante venga protratta per tutto il tempo indicato dal medico, soprattutto nei primi  6 mesi successivi all’intervento.

Il bypass coronarico, un vero e proprio intervento chirurgico

In alcuni casi in cui la malattia delle coronarie è estremamente estesa e coinvolge tutte e 3 le coronarie, soprattutto nei pazienti diabetici, può essere necessario ricorrere alla cardiochirurgia, ovvero all’intervento di ‘bypass’. Con questo intervento si utilizzano dei condotti vascolari (di origine venosa o arteriosa) per consentire la comunicazione diretta della porzione a monte con quella a valle del restringimento (stenosi). 

L’intervento di bypass è un vero e proprio intervento chirurgico, richiedendo l’anestesia generale, l’apertura del torace ed in molte casi il supporto della circolazione extra-corporea (ovvero di una macchina che lavora temporaneamente al posto del cuore e dei polmoni, consentendo pertanto di operare su di un cuore ‘fermo’).

Stili di vita e cardiopatia ischemica

La cardiopatia ischemica è legata certamente ad una componente familiare: avere parenti che hanno sviluppato questa patologia porta il paziente ad una predisposizione verso questa malattia.

Anche i pazienti con diabete mellito hanno una predisposizione verso la patologia, che impone loro controlli medici periodici.

Si tratta però di una patologia multifattoriale, collegata anche a diverse abitudini scorrette come: 

  • fumo di sigaretta;
  • vita sedentaria;
  • ipercolesterolemia; 
  • obesità.

Questi sono tutti fattori di rischio da tenere sotto controllo e possibilmente eliminare, per prevenire la possibilità che si sviluppi o che questa patologia possa progredire.

 

L’Unità Operativa di Cardiologia Interventistica ed Emodinamica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele

La cardiopatia ischemica è per la maggior parte secondaria a restringimenti delle coronarie “epicardiche”, ovvero delle arterie di diametro compreso tra i 2 e i 5 mm che possono essere curate con l’angioplastica o con il bypass. Negli ultimi anni si è dimostrato come la cardiopatia ischemica possa essere secondaria anche ad una disfunzione del microcircolo coronarico, ovvero dei piccoli vasi capillari (invisibili ad occhio nudo e di diametro inferiore a 0.5 mm) che nutrono il cuore. 

Presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele la diagnostica non si ferma alla angiografia coronarica, ma è in grado di effettuare anche la valutazione della fisiologia coronarica, mediante sonde e software dedicati che consentono di visionare grado e tipo delle disfunzioni del microcircolo e capire quale sia la terapia più adeguata per il singolo paziente.

La coronarografia e il suo trattamento, infatti, sono patologie invasive semplici, ma complesse allo stesso tempo, che richiedono l’intervento di un’équipe esperta e di una struttura che operi con elevati volumi di attività.

All’IRCCS San Raffaele vengono trattati oltre 1300 casi di cardiopatia ischemica all’anno, un numero significativo che permette all’Ospedale di sperimentare, valutare e applicare l’utilizzo di nuove metodiche e di essere sempre all’avanguardia sul trattamento dal punto di vista strategico e tecnico, con l’utilizzo di device in continua evoluzione.

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