Endometriosi: che cos’è e come si cura
PUBBLICATO IL 28 GIUGNO 2021
L’endometriosi è una patologia invalidante che, negli stadi clinici più avanzati (“moderato o III grado” e “grave o IV grado"), rientra nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del Ministero della Salute.
Cosa significa convivere con l’endometriosi? Ce lo spiega il professor Massimo Candiani, direttore dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – Centro di riferimento per il trattamento dell’endometriosi, docente ordinario presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore della Scuola di Specialità in Ostetricia e Ginecologia dell’Ateneo.
Cos’è l’endometriosi
“L’endometriosi è una malattia ginecologica cronica che in Italia colpisce il 10-15% delle donne in età fertile (fonte Ministero della Salute)”, spiega il professor Massimo Candiani.
Consiste nell’insediamento e nella crescita fuori sede di tessuto endometriale, ossia la mucosa che riveste la parete interna dell’utero e che si sfalda durante il ciclo mestruale.
L’impianto anomalo dei frammenti di endometrio sulla superficie di altri organi quali ovaie, tube, intestino, vagina e vescica, causa:
- uno stato infiammatorio dei tessuti;
- la formazione di tessuto cicatriziale e aderenze che, se trascurati, possono anche causare infertilità.
I sintomi
Il sintomo emblematico dell’endometriosi è il dolore:
- pelvico cronico;
- mestruale;
- nei rapporti sessuali;
- durante l’evacuazione intestinale;
- durante la minzione.
In alcuni casi, è così acuto e persistente da compromettere il normale svolgimento delle attività quotidiane. A questo sintomo si possono accompagnare:
- irregolarità del ciclo mestruale;
- problematiche a livello intestinale;
- gonfiore addominale;
- difficoltà nel concepimento.
Endometriosi e gravidanza
L’endometriosi, nei casi più gravi, può anche essere causa di infertilità: il deposito di tessuto endometriale e lo stato infiammatorio possono rendere molto difficoltosi, o impedire del tutto, l’inseminazione e l’impianto dell’embrione.
“Diagnosi e intervento chirurgico tempestivi consentono di agire sulla patologia negli stadi iniziali: per questo è importante continuare a promuovere su larga scala la conoscenza della malattia e dei suoi campanelli d’allarme”, conclude il professor Candiani.
Endometriosi e familiarità
“Bisogna però specificare che non tutte le donne accusano questi sintomi. Può esservi endometriosi anche:
- in assenza di problematiche conclamate;
- con la manifestazione di sintomi così lievi da non destare sospetto alcuno.
Qualora vi siano però casi di endometriosi in famiglia, è bene sottoporsi comunque a un controllo precauzionale. Infatti, una ragazza la cui madre, sorella o zia soffrano di endometriosi, ha un rischio 10 volte maggiore di svilupparla a sua volta”, spiega il professore.
La base genetica: il progetto di ricerca del San Raffaele
Proprio nell’ottica di studiarne la componente genetica all’IRCCS Ospedale San Raffaele è in corso un progetto di ricerca nazionale, coordinato dal professor Candiani, volto all’identificazione delle varianti genetiche che predispongono alla malattia e che costituiscono le basi del suo sviluppo.
Come si diagnostica
La tendenza della donna a sottovalutare il dolore, considerandolo come qualcosa di normale, e la difficoltà a inquadrare i sintomi, fanno sì che l’endometriosi venga diagnosticata anni dopo la sua effettiva manifestazione.
Per questo è importante rivolgersi a uno specialista ginecologo, anche solo in presenza di mestruazioni molto dolorose, soprattutto in caso di familiarità con la patologia.
“Una diagnosi tempestiva è cruciale: più precocemente si individua la malattia, più precocemente si riesce a trattarla o a contenerla. Se curata sin dalla giovane età, si evita nel tempo che provochi danni anche molto importanti, come la sterilità”, spiega il professor Candiani.
Il primo fondamentale passo è un’anamnesi accurata. Il ginecologo, attraverso le parole della paziente, deve saper cogliere i segnali e procedere con esami specifici:
- una visita ginecologica approfondita;
- un’ecografia transvaginale, utile per individuare la presenza di tessuti in sedi anomale o cisti.
La cura
“È bene sottolineare - specifica il professor Candiani - che, ad oggi, non esiste una cura definitiva; pertanto la terapia, personalizzata sulla singola paziente, ha lo scopo di:
- bloccare la progressione della patologia;
- attenuare la sintomatologia”.
L’approccio all’endometriosi è:
- farmacologico;
- chirurgico.
La scelta va concordata con lo specialista, in un centro di riferimento e il trattamento viene stabilito caso per caso, in base alle caratteristiche della paziente:
- età;
- intensità del dolore;
- presenza di cisti;
- eventuale desiderio di intraprendere una gravidanza.
Il trattamento farmacologico
L’approccio farmacologico è il trattamento preferenziale e consiste nell’assunzione continua di farmaci ad azione ormonale che hanno lo scopo di portare ad amenorrea, cioè l’assenza di ciclo mestruale, e sopprimere l’attività ovulatoria.
L’operazione e le nuove tecniche
Quando ci si opera per endometriosi? La scelta sull’intervento chirurgico ricade nei casi in cui la paziente:
- non risponda alla terapia farmacologica;
- desideri intraprendere una gravidanza, in quanto l’azione dei farmaci non si concilia con il concepimento.
L’intervento consiste nell’asportazione del tessuto endometriale e delle eventuali cisti e viene eseguito, per la maggior parte delle volte, in tecnica laparoscopica, ossia con l’introduzione degli strumenti operatori e della videocamera chirurgica in piccoli fori praticati a livello addominale, in anestesia generale.
È importante che venga effettuato in centri altamente specializzati e ad alto volume da un chirurgo esperto.
Il laser CO2
Sempre nell’ambito della chirurgia mininvasiva, si annovera oggi l’impiego del laser CO2, che agisce sull’endometriosi andando a vaporizzare il tessuto endometriale ed eventuali cisti, salvaguardando maggiormente il tessuto sano ad essi retrostante.
La tecnica può essere applicata nella maggior parte dei casi e la sua efficacia è pari alla tecnica tradizionale.
La ripresa da questo tipo di intervento è molto veloce: la paziente viene generalmente dimessa dall’ospedale dopo un solo giorno di ricovero.