Che cos’è l’infezione del virus HIV

PUBBLICATO IL 24 DICEMBRE 2024

L’AIDS è una malattia infettiva causata dal virus HIV. Per capire cos’è e fare il punto sulla ricerca dei meccanismi di infezione e sulle strategie terapeutiche, approfondiamo l’argomento insieme al professor Guido Poli, ordinario di Patologia Generale dell’Università Vita-Salute San Raffaele e Group Leader dell’Unità di Immuno-Virologia Umana dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

AIDS e HIV: cosa sono?

L’AIDS è un esempio di malattia sessualmente trasmissibile di origine virale. Come suggerisce il nome, le malattie sessualmente trasmissibili si trasmettono attraverso i rapporti sessuali e possono essere causate da batteri o parassiti, oltre che da virus. 

L’acronimo AIDS in inglese sta per ‘Acquired Immunodeficiency Syndrome’, ovvero ‘Sindrome da Immunodeficienza Acquisita’. Il termine ‘sindrome’ fu coniato quando non era ancora nota la causa della nuova malattia, ma è poi rimasto anche dopo la scoperta del virus. La specificazione ‘da immunodeficienza acquisita’, invece, fu introdotta per distinguere la nuova patologia dalle già note forme di immunodeficienza congenita. 

Il virus HIV, infatti, attacca il sistema immunitario umano, indebolendone le capacità di contrastare altre infezioni, incluse quelle innocue, che in un individuo sano non generano problemi. 

“Storicamente, l’AIDS è stata descritta in letteratura per la prima volta nel 1981, quando furono osservati i primi casi in omosessuali maschi negli USA. In breve tempo, però, si capì che la malattia era riscontrabile in persone che soffrivano di emofilia, una malattia del sangue, in tossicodipendenti eroinomani e in persone eterosessuali; successivamente si dimostrò anche la trasmissione del virus da madre a feto o neonato. 

Tra il 1983 e il 1984 si scoprì che la causa dell’AIDS era un nuovo virus, un retrovirus che, appunto, si può trasmettere avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infettata, col sangue o suoi derivati contaminati o col latte materno nel caso dei neonati”, spiega il Professor Poli. 

Oggi sono circa 40 milioni le persone nel mondo che vivono con una diagnosi di infezione da HIV. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità segnala più di 72.000 casi di AIDS.

 

Trasmissione e meccanismo d’azione del virus HIV

La trasmissione virale alla base dell’infezione può avvenire:

  • orizzontalmente, attraverso rapporti sessuali o per scambio di sangue contaminato con siringhe e aghi infetti;
  • verticalmente, dalla madre al feto o al bambino nel periodo della gravidanza o nella fase dell’allattamento, rispettivamente. 

Per quanto riguarda il meccanismo molecolare e cellulare di infezione, l’HIV è un retrovirus, possiede cioè un genoma a RNA, che viene copiato in una molecola di DNA tramite il meccanismo della retrotrascrizione da un suo enzima chiamato retrotrascrittasi. 

Come tutti i virus, per completare il suo ciclo vitale e continuare a diffondersi, l’HIV deve entrare in una cellula. Nello specifico, il virus HIV infetta principalmente la metà c. dei linfociti T, cellule del sistema immunitario, che esprimono la molecola di superficie CD4, la ‘porta di ingresso’ per il virus. 

Una volta entrato nei linfociti, l’RNA virale è copiato a DNA virale, che viene integrato nel genoma cellulare. Il DNA virale fornisce, quindi, le istruzioni per sintetizzare nuove particelle virali sfruttando il macchinario di sintesi della cellula. Le nuove particelle virali fuoriescono dalla cellula, uccidendola, per propagarsi e infettare altre cellule dell’organismo. 

Il risultato del ciclo vitale di HIV è che circa il 95% della popolazione di linfociti T CD4 muore e, conseguentemente, si verifica un indebolimento severo del sistema immunitario, che rende il corpo più vulnerabile agli attacchi di altri patogeni. 

“Rimane, tuttavia, una piccola frazione di linfociti T CD4 infetti e che hanno integrato il virus silenziosamente nel genoma cellulare, nascondendosi così alla ricognizione  immunitaria, e quindi non possono essere eliminati. La presenza di questa popolazione residuale di linfociti T CD4 ‘memoria’ fa sì che sia al momento impossibile eliminare del tutto il virus dall’organismo”, spiega il Professore.

 

I macrofagi: cellule immunitarie serbatoi di virus HIV

Oltre ai linfociti T CD4, il virus HIV attacca anche i macrofagi, un altro tipo di cellule immunitarie, molto più resistenti dei linfociti T CD4. La maggior parte dei macrofagi, infatti, non soccombe all’attacco del virus, il cui genoma può rimanere ‘silenziosamente’ integrato anche nel loro DNA cellulare.

In alternativa, nuove particelle virali vengono sintetizzate e accumulate in compartimenti interni alla cellula che rendono i macrofagi serbatoi silenziosi, ma pronti ad ‘esplodere’, rilasciando il virus HIV.

Gli studi sui macrofagi del professor Poli

Negli ultimi anni, la ricerca del professor Poli si è concentrata proprio sullo studio dei macrofagi e del loro ruolo nel contenimento del virus e, quindi, della propagazione dell’infezione HIV. 

“In particolare, abbiamo sviluppato un modello in vitro per studiare in che modo i macrofagi diventano serbatoi di virus. Queste cellule possono essere attivate secondo 2 modalità: l’attivazione M1 in risposta a stimoli infiammatori, mentre quella M2 spegne la risposta infiammatoria. 

Abbiamo osservato che nei macrofagi M1, stimolati sia prima che dopo l’infezione, il virus HIV rimane integrato nel loro genoma in uno stato reversibile di ‘quiescenza’. Al momento, stiamo usando tecniche di genomica per caratterizzare meglio l’identità molecolare di queste cellule serbatoi di HIV dormiente”, spiega il Professore. 

L’insieme della memoria del virus nei linfociti T e dei compartimenti virali dei macrofagi fa sì che gli individui infettati possano essere portatori silenti di HIV, senza, tuttavia, manifestare i sintomi della malattia. Si stima inoltre che circa il 14% delle persone infettate (ca. 10.000 in Italia) non sappia di esserlo, complicando così la possibilità di tenere sotto controllo la trasmissione eventuale del virus. 

 

Prevenzione e consapevolezza

“Fortunatamente oggi è possibile tenere sotto controllo l’infezione da HIV, grazie alla disponibilità di farmaci antiretrovirali, che consentono di migliorare la qualità e l’aspettativa di vita delle persone colpite dall’infezione”, prosegue il Professor Poli. 

Tuttavia, poiché oggi non esiste una terapia in grado di eliminare completamente il virus HIV e quindi di guarire dall'infezione, è indispensabile puntare sulla prevenzione per proteggere la nostra salute e quella degli altri. 

Ad oggi, le misure preventive più importanti sono:

  • l’utilizzo del profilattico, che è la misura più efficace ed economica e più disponibile per proteggerci non solo da HIV, ma anche da altri patogeni trasmessi con rapporti sessuali non protetti;
  • un trattamento di profilassi pre-esposizione (PrEP) specifico per HIV, basato sugli stessi farmaci usati nella terapia, a cui sottoporsi prima di avere un rapporto sessuale (che non proteggono però da altre patologie sessualmente trasmissibili).

“Rimane comunque indispensabile integrare percorsi di educazione e prevenzione già a scuola, per promuovere senza giudizio la consapevolezza sull’importanza della prevenzione dell’infezione da HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili”, conclude il Professore.

Cura e Prevenzione