Malattia di Parkinson: cos’è e come si cura

PUBBLICATO IL 11 APRILE 2023

La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più frequente dopo quella di Alzheimer, con una prevalenza di circa 1% nella popolazione sopra i 60 anni. 

Si tratta di una patologia complessa: anche se classicamente viene descritta esclusivamente come un disturbo del movimento, causa anche disturbi psichiatrici, cognitivi, gastrointestinali, urinari, vegetativi (cosiddetti ‘sintomi non-motori’), con quadri clinici tra i pazienti molto eterogenei tra loro.

Ne abbiamo parlato con la Professoressa Federica Agosta e la dottoressa Roberta Balestrino, Neurologhe dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal Professor Massimo Filippi.

 

Cos’è la malattia di Parkinson e da cosa è causata

La malattia è causata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici (cellule del cervello), senza cause del tutto note. 

Negli ultimi anni la ricerca ha portato ad una maggior comprensione dei meccanismi d’insorgenza: nella maggior parte dei casi, è il risultato di un'interazione tra numerosi fattori ambientali a cui il paziente è esposto durante la vita e alla predisposizione genetica, che giocano un ruolo variabile nell’insorgenza della malattia. 

Altri fattori di rischio per l’insorgenza della patologia sono: 

  • l'età, quello più importante; 
  • il sesso maschile che conferisce un rischio moderato di sviluppare la patologia;
  • alcuni fattori ambientali quali, ad esempio, l’esposizione ad alcuni pesticidi.

 

Come inizia la malattia del Parkinson

La malattia può manifestarsi anche 10 anni prima della diagnosi con sintomi prodromici, quali: 

  • perdita dell’olfatto;
  • depressione;
  • costipazione;
  • disturbo del comportamento del sonno REM (RBD, caratterizzato da sogni vividi e movimenti e/o vocalizzazioni durante il sonno).

In questa fase, è possibile che si presentino anche i sintomi motori tipici dell'esordio della malattia. Nel suo inizio caratteristico, i sintomi della patologia possono essere presenti in diverse combinazioni, principalmente:

  • bradicinesia (lentezza nel movimento, difficoltà nei movimenti fini come, per esempio, abbottonare la camicia oppure svolgere piccoli lavori manuali);
  • tremore;
  • rigidità muscolare;
  • alterazioni posturali.

Inoltre, possono presentarsi anche:

  • alterazioni della scrittura (‘micrografia’, rimpicciolimento della scrittura);
  • riduzione dell’espressività del volto;
  • disturbi del cammino, dell’equilibrio, della parola e della deglutizione;
  • sintomi ‘non-motori’ (disturbi psichiatrici, cognitivi, gastrointestinali, urinari, vegetativi).

 

A quale età si manifesta

L'esordio è generalmente intorno ai 60 anni e l'andamento della malattia è progressivo, ma in alcuni casi colpisce anche pazienti più giovani, soprattutto nel caso di: 

  • forme genetiche/familiari (meno del 10%); 
  • quadri simili alla malattia di Parkinson (chiamati parkinsonismi secondari) che insorgono in seguito a cause specifiche.

 

Come si diagnostica

La diagnosi di malattia di Parkinson è clinica e basata sull’osservazione dei sintomi, ma l'implementazione di tecniche di imaging può migliorare l'accuratezza diagnostica. È fondamentale, inoltre, che la patologia venga monitorata sia dal punto di vista della sua evoluzione nel tempo che nella risposta alla terapia. 

Dal punto di vista radiologico, alcune tecniche di neuroimaging come risonanza magnetica e tomografia computerizzata sono utilizzate per escludere altre cause dei sintomi, mentre tecniche di imaging specifiche per il sistema dopaminergico possono aiutare il neurologo nella diagnosi differenziale.

 

Come si cura la malattia di Parkinson

Attualmente non esiste una cura, ma sono disponibili una varietà di trattamenti che aiutano a gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita. 

L’alleanza medico paziente e la collaborazione con altre figure quali, per esempio, fisioterapisti, psicologi, logopedisti, neurochirurghi è cruciale per sviluppare un piano di trattamento personalizzato che tenga conto dello stadio e della gravità della condizione, nonché della salute generale e dello stile di vita della persona. 

Esistono diversi tipi di farmaci che possono essere usati, ricordando che è fondamentale trattare la patologia come una malattia complessa, i cui piani di trattamento devono essere adattati alle esigenze di ogni persona. Farmaci come la levodopa sono efficaci nell'alleviare i sintomi motori; tuttavia, con il progredire del quadro, possono comparire sintomi resistenti ai farmaci, come l'instabilità posturale e il deterioramento cognitivo, e il trattamento medico può risultare più complesso.

La ricerca

Lo sviluppo di una terapia che fermi la neuro-degenerazione è una priorità assoluta nel campo della Neurologia: fino ad ora, nessuno studio clinico ha dimostrato l’efficacia di terapie neuroprotettive. Al momento sono in corso diversi studi farmacologici con l’obiettivo di trovare una cura per la malattia di Parkinson: la partecipazione dei pazienti e l’impegno dei centri di ricerca, come quello dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, costituiscono la più grande speranza per il futuro. 

La terapia chirurgica 

La terapia chirurgica è una delle opzioni terapeutiche in casi selezionati di malattia di Parkinson, in particolare nella fase avanzata di malattia nel caso in cui i sintomi diventino invalidanti e non più controllabili con la terapia farmacologica classica. 

Presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, la collaborazione tra l’Unità di Neurologia e quella di Neurochirurgia assicurano una continuità nel percorso terapeutico dei pazienti affetti da malattia di Parkinson, al fine di migliorare la qualità della loro vita.

L’intervento neurochirurgico di stimolazione cerebrale profonda (DBS) è il più comunemente utilizzato: consiste nella modulazione, attraverso l’impianto di elettrodi in nuclei profondi del cervello, delle complesse vie nervose implicate nel controllo del movimento.  Si tratta di un intervento poco invasivo e la stimolazione può essere modificata nel tempo in base alle esigenze cliniche, consentendo un migliore controllo dei sintomi. 

In casi selezionati in cui il tremore è il principale sintomo invalidante ed è refrattario alla terapia farmacologica, si può intervenire con un trattamento lesionale che consiste nella interruzione del circuito neuronale responsabile della genesi del tremore, avvalendosi di varie tecniche come, ad esempio, la radiochirurgia Gamma-knife. In questo caso, la procedura è ancor meno invasiva, viene eseguita in regime di day-hospital e può essere svolta anche in pazienti che hanno controindicazioni all’intervento chirurgico.

 

Attività fisica e fisioterapia nella malattia di Parkinson

L'esercizio fisico e la fisioterapia possono: 

  • modificare i sintomi motori a lungo termine; 
  • aumentare l'efficacia del trattamento farmacologico; 
  • ritardare la progressione della malattia. 

L’esercizio fisico

L'attività motoria, come quella sportiva, regolare e strutturata, effettuata in maniera ripetitiva, migliora la forma fisica ed è associata ad una progressione più lenta della malattia, migliorando le funzioni motorie (cammino, equilibrio, agilità, manualità), l'umore e le funzioni cognitive.

Anche un’attività fisica più blanda, effettuata però con costanza, che comporti qualsiasi movimento corporeo e richieda dispendio energetico, come la camminata, ha mostrato risultati promettenti nel rallentare il decorso della malattia di Parkinson ed in particolare il declino motorio e cognitivo.

La fisioterapia

La fisioterapia (o trattamento riabilitativo) è un’arma estremamente importante nella gestione della malattia: un numero crescente di studi dimostra che la riabilitazione è efficace nel migliorare sia i problemi motori, sia quelli non motori associati alla patologia, oltre che nel ridurre le complicanze secondarie dell'immobilità e ridurre il rischio di cadute e di ospedalizzazioni, comportando un miglioramento dell’autonomia dei pazienti e della loro qualità della vita. 

Recenti evidenze dimostrano che l'esercizio può modificare il decorso della malattia attraverso meccanismi di neuro-plasticità (la capacità del sistema nervoso di adattarsi in risposta a una varietà di fattori e di stimoli interni o esterni) e neuro-protezione (meccanismi e processi che proteggono da danni e degenerazione le strutture del sistema nervoso).
Gli studi della UO di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ad esempio, hanno dimostrato come protocolli di fisioterapia mirata all’allenamento dell’equilibrio e del passo siano in grado di migliorare le abilità di cammino, riducendo il rischio caduta e migliorando la qualità della vita. 

 

Come vivere con il Parkinson

L’obiettivo della terapia è il benessere del paziente a 360°, non soltanto la gestione dei singoli sintomi.  È  importante che il paziente mantenga la sua attività e che la malattia abbia il minor impatto possibile sullo stile di vita e la qualità di vita. 

In generale, i pazienti dovrebbero seguire una alimentazione sana, uno stile di vita attivo e partecipare attivamente ad attività sociali e ricreative

È fondamentale affidarsi ad un Centro esperto nella patologia, affiancando un neurologo al proprio medico curante e avvalendosi di tutte le altre figure professionali, quali fisioterapisti, psicologi, logopedisti, neurochirurghi, che possano valutare diverse opzioni terapeutiche in base al quadro clinico del paziente.

Anche il supporto dei caregiver è fondamentale: per questo, è necessario che lui stesso abbia accesso a reti di supporto, quali associazioni e gruppi di pazienti, che lo sostengano durante tutto il percorso. 

Cura e Prevenzione