Gravidanza e tumore

PUBBLICATO IL 01 FEBBRAIO 2021

Avere un bambino dopo le cure oncologiche o portare avanti una gravidanza durante la malattia oggi è possibile. La responsabile della Ginecologia Oncologica Medica del San Raffaele spiega come

Affrontare un tumore è già di per sé una sfida importante e per molte donne pensare alla maternità può non sembrare una priorità se si ha il cancro. Capiamo perché è invece essenziale affrontare fin da subito il tema della preservazione della fertilità e quali sono le strategie possibili, grazie alla dott.ssa Giorgia Mangili, responsabile dell’Unità Funzionale di Ginecologia oncologica medica e di preservazione della fertilità presso l’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Le terapie oncologiche e l’infertilità

Sono numerose dunque le donne che ogni anno intraprendono il percorso oncologico, con tutte le difficoltà, le paure e le incertezze a esso connesso. Per le donne in età fertile si aggiunge un’ulteriore incognita: la possibilità di iniziare una gravidanza dopo la conclusione del percorso terapeutico. 

Molte terapie oncologiche infatti, come la chemioterapia e la radioterapia effettuata sulle pelvi, possono indurre effetti collaterali anche a lungo termine, che si riflettono sulla funzione ovarica inducendo infertilità e menopausa precoce. 

Anche le terapie ormonali somministrate per lunghi periodi di tempo possono incidere negativamente sulla capacità endocrino-riproduttiva delle ovaie” afferma la dott.ssa Mangili.

Preservare la fertilità: il dialogo con la paziente

Per questo motivo,si propone alle donne in età fertile di tutelare la propria fertilità attraverso tecniche ad hoc prima di iniziare il percorso di cura,  in modo che sia possibile intraprendere un percorso verso la maternità una volta completate le cure e rispettati i tempi indicati per evitare le recidive.

Essenziale in ogni percorso di cura è la discussione tra la paziente e l’équipe multidisciplinare, composta dall’oncologo e dagli specialisti di preservazione della fertilità, per valutare il singolo caso e scegliere eventualmente la tecnica più adatta. 

Purtroppo però non per tutte le pazienti è possibile intraprendere questo percorso in quanto alcuni quadri clinici non rendono possibili tali operazioni; anche l’età gioca un ruolo fondamentale: dopo i 40 anni di solito non si ricorre a questo approccio a causa della diminuzione in quantità e qualità degli ovociti” spiega la dottoressa.

Quali sono le tecniche a disposizione

Ci sono diverse opzioni da poter valutare, vediamole nel dettaglio.

Crioconservazione degli ovociti e PMA

la prima e più consolidata è la crioconservazione degli ovociti, che vengono generalmente prelevati prima del trattamento oncologico per essere conservati a -200°C e scongelati quando si ricerca la gravidanza. Quando arriva quel momento, si ricorre alla fecondazione tramite le tecniche di PMA, procreazione medicalmente assistita. 

Conservazione del tessuto ovarico 

L’altra opzione promettente è la conservazione del tessuto ovarico, che è considerata però ancora in fase sperimentale. In questo caso, sempre prima dell’inizio della terapia, si preleva chirurgicamente una parte del tessuto per conservarlo sempre a -200°C. In seguito, è possibile reimpiantarlo tramite uno o più interventi chirurgici e, dopo alcuni mesi, riprende temporaneamente il suo funzionamento restituendo a gran parte delle pazienti il ciclo mestruale e la fertilità, anche se per un tempo limitato.

Menopausa indotta e transitoria

“Ci sono infine altre possibili soluzioni per proteggere il patrimonio ovarico: indurre una menopausa artificiale e transitoria per la conservazione del tessuto, grazie alla somministrazione di specifici farmaci (analoghi dell’Lhrh), ma i dati di efficacia su questo fronte non sono al momento definitivi. 

Infine, in caso di trattamento radiante nelle pelvi, trasporre le ovaie in una zona attigua alla sede abituale, per tenerle al riparo dalla radioterapia” aggiunge l’esperta.

Quando fare la crioconservazione degli ovociti e cercare una gravidanza

Il tempo è un elemento di fondamentale importanza, perché la tempestività è essenziale nella lotta contro il cancro. Oggi, contrariamente al passato, è possibile intraprendere questo percorso di preservazione della fertilità in tempi relativamente brevi. 

“In passato era fondamentale attendere una specifica fase del ciclo mestruale, ma oggi è possibile usufruire della crioconservazione degli ovociti in qualsiasi momento del ciclo mestruale e tutto il processo può essere completato in 10-12 giorni” afferma Mangili.

Il tempo riveste un ruolo chiave anche dopo la fine della terapia oncologica: non esiste una regola generale valida per tutte e, per sapere con certezza quando è possibile intraprendere la gravidanza, occorre valutare caso per caso

Gli aspetti che concorrono alla valutazione sono soprattutto: 

  • il tipo di tumore
  • lo stadio
  • la prognosi

Solitamente, l’elemento standard è rappresentato dal rischio di recidiva: nei 2, 3 anni dalla fine della cura, generalmente è preferibile evitare di intraprendere il percorso. 

Tumore in gravidanza: cosa si può fare

“Per chi invece scopre di avere un cancro mentre la gravidanza è già in corso, oggi le soluzioni esistono. 

Se infatti un tempo si doveva necessariamente ricadere in scelte drammatiche, sospendendo la gravidanza da un lato o ritardare le cure fino al post partum,  oggi ci sono delle evidenze incoraggianti: molte neoplasie possono essere curate senza compromettere la salute del nascituro. In molti casi, è possibile per le future mamme sottoporsi non solo alla chirurgia, ma anche alla chemioterapia durante il secondo o il terzo trimestre senza pericolo per il bambino”, conclude la dottoressa.

I tumori delle donne

Secondo le ultime stime a disposizione (Rapporto AIRTUM, 2020), basate sui dati di popolazione raccolti dai Registri Tumori Italiani, si stima che in Italia nel 2020 saranno diagnosticati oltre 370.000 nuovi casi di tumori maligni (esclusi i tumori della cute non melanomi), di cui oltre 180.000 nelle donne.

Le principali neoplasie identificate come responsabili dei tumori femminili sono:

  • il tumore al seno, con quasi 55.000 nuove diagnosi stimate per l’anno in corso (il 30,3% di tutti i tumori femminili);
  • il tumore al colon-retto (con oltre 20.000 casi, 11,2% di tutte le diagnosi);
  • il tumore al polmone (7,3%);
  • il tumore alla tiroide (5,4%);
  • il tumore all’endometrio (4,6%).
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