Giornata mondiale contro l’AIDS: tra prevenzione e nuove terapie

PUBBLICATO IL 01 DICEMBRE 2020

AIDS e infezione da HIV sono tutt’altro che scomparsi, per questo la ricerca va avanti con nuove cure, tra cui i farmaci antiretrovirali a lunga durata. 

Ci sono buone notizie per la giornata mondiale contro l’AIDS, una malattia che purtroppo, ogni anno, conta ancora quasi 2 milioni di nuovi infetti in tutto il mondo. 

È infatti di poche settimane fa l’annuncio dell’approvazione, da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali, del primo farmaco a lunga durata – in inglese long acting – che con una sola iniezione blocca la replicazione del virus HIV per circa 2 mesi

Ma il 1° dicembre non è solo un’occasione per fare il punto sulle opzioni terapeutiche contro HIV: è altrettanto importante sensibilizzare i cittadini nei confronti della patologia e promuovere abitudini responsabili, che riducano il rischio di trasmissione del virus.

Ne parliamo insieme con la professoressa Antonella Castagna, primario dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

I numeri dell’epidemia in Italia

Secondo i nuovi dati, nel 2019 nel nostro Paese sono 2.531 le nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 4,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti. Numeri che vanno a sommarsi a una popolazione di oltre 120.000 pazienti già in terapia (38 milioni nel mondo). La maggioranza delle nuove infezioni è nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni.

“Anche se siamo in grado di tenere sotto controllo la replicazione del virus, nel nostro paese siamo purtroppo ancora lontani dalla riduzione nel numero di nuovi casi che vorremmo vedere - spiega Antonella Castagna -.

Molto è stato fatto, ma in Italia e nel mondo vi sono ancora molte le sfide da affrontare, ad esempio quella dei pazienti che albergano virus multi resistenti o la sfida delle vecchie e nuove comorbidità che complicano la vita dei pazienti stessi. 

Ecco perché la lotta contro questo virus è tutt’altro che finita e perché la ricerca può e deve fare ancora tanto.”

I farmaci antiretrovirali a lunga durata

In quarant’anni di studi scientifici sull’HIV, i medici e i ricercatori di tutto il mondo sono riusciti in uno sforzo considerevole. I farmaci oggi a disposizione riescono a bloccare la replicazione del virus con successo, al punto da rendere la sua presenza nel sangue non rilevabile e l’aspettativa di vita di un sieropositivo molto vicina a quella di una persona sana

Molto si è già fatto in termini di semplificazione della terapia, mantenendone l’efficacia: se in passato i pazienti dovevano assumere diversi farmaci, diverse volte al giorno, con il rischio di dimenticanze e scarsa aderenza alla terapia, ora il loro numero è stato ridotto a una singola pillola quotidiana, nella maggioranza dei casi. Ma c’è ancora spazio di miglioramento.

I nuovi farmaci long acting

È di poche settimane fa la notizia dell’approvazione dei primi farmaci long acting per HIV, ovvero farmaci con una lunga emivita (che rimangono cioè in circolo nell’organismo più a lungo prima di essere metabolizzati e smaltiti): due farmaci antiretrovirali chiamati rilpivirina e cabotegravir possono ora essere somministrati con un’iniezione intramuscolo ogni 2 mesi, riducendo ancora di più lo stress dei pazienti e i rischi di errore nelle terapie. Una vera e propria rivoluzione. 

Le sperimentazioni cliniche, che hanno coinvolto anche il San Raffaele, hanno mostrato la sicurezza e l’efficacia di questa nuova formulazione. Se tutto va bene potremmo averla anche in Italia nel 2021. 

Stiamo inoltre testando efficacia e sicurezza di altre molecole long acting tra cui islatravir e lenacapavir. Quest’ultimo potrebbe essere addirittura somministrato con un’iniezione sottocutanea ogni sei mesi", spiega Antonella Castagna.

HIV multi resistente e anticorpi monoclonali

Un’altra delle sfide terapeutiche è rappresentata dalla necessità di ottenere la viremia (la presenza di particelle virali nel sangue) non rilevabile anche in una piccola porzione di pazienti, 2-3% del totale, detti “multi resistenti”, ovvero i pazienti per i quali le 4 classi di farmaci antiretrovirali oggi in uso non sono più sufficienti a controllare la replicazione del virus dell’HIV. 

Il San Raffaele è in prima linea per trattare questo gruppo di pazienti. Un primo esempio concreto è la possibilità di somministrare loro per via endovenosa un anticorpo monoclonale (ibalizumab) ogni due settimane. L’anticorpo non blocca direttamente la replicazione del virus, ma ostacola il suo ingresso nelle cellule bersaglio legandosi al recettore CD4, che è lo stesso usato dal virus per entrare in queste cellule” commenta l’esperta.

La prevenzione: test per HIV e PrEP

Sebbene negli ultimi anni gli approcci terapeutici siano diventati sempre più efficaci, la prevenzione rimane la strada principale per sconfiggere la diffusione del virus dell’HIV. Ancora oggi purtroppo più della metà delle persone sieropositive scoprono di aver contratto il virus a distanza di anni dall’infezione e dopo aver probabilmente contagiato altri individui. 

Oltre all’uso del preservativo, è quindi fondamentale sottoporsi periodicamente al test per HIV. Si tratta di test rapidi, effettuati su saliva o su una goccia di sangue punta dal dito. In caso di esito dubbio o positivo è necessaria poi un’ulteriore conferma tramite prelievo del sangue.

Le persone ad alto rischio di contrarre HIV oggi possono scegliere di assumere la profilassi pre-esposizione (PrPEP) che consiste in una combinazione di due farmaci anti-retrovirali. Nei paesi in cui viene utilizzata su larga scala ha permesso di ridurre drasticamente i contagi. In Italia purtroppo è ancora poco utilizzata e non rimborsabile” conclude Castagna. 

Si tratta di assumere una compressa al giorno tutti i giorni, oppure due compresse prima e dopo i rapporti sessuali a rischio. Così facendo si può ridurre di molto il rischio di contrarre il virus dell’HIV.

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