Cos'è l'esame della translucenza nucale e quando si fa

PUBBLICATO IL 10 GIUGNO 2024

L’esame della translucenza nucale è un esame non invasivo che si fa nel primo trimestre della gravidanza, che permette di stimare il rischio di eventuali anomalie cromosomiche, genetiche e strutturali attraverso un’ecografia addominale

Si tratta di un esame molto particolare e tecnico che richiede esperienza, capacità e una certificazione specifica per poterlo eseguire. Ne parliamo con il dottor Fabio Mauro, medico ginecologo responsabile dell’unità funzionale di diagnosi prenatale presso l’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che ci spiega cos’è la translucenza nucale, quali anomalie aiuta a evidenziare e quando farla.

 

Cos’è la translucenza nucale e a cosa serve

“La translucenza nucale è un importante marcatore ecografico che aiuta ad indicare la presenza e il rischio di eventuali anomalie cromosomiche/genetiche o anomalie malformative” spiega il dr. Mauro

Le principali anomalie cromosomiche sono: l’anomalia dei cromosomi 21 (Sindrome di Down), 18 (Sindrome di Edwards) e 13 (Sindrome di Patau), le ultime 2 estremamente gravi e incompatibili con la vita. 

Nello specifico, la translucenza nucale è uno spazio anatomico situato nella regione cervicale del feto, il cui spessore e le caratteristiche strutturali vengono valutate attraverso un’ecografia addominale. I suoi valori vengono inseriti in un software che valuta altre caratteristiche del feto, della paziente e della gravidanza.

 

Il Test Combinato

“Oltre alla translucenza nucale, vengono esaminati l’osso nasale e le flussimetrie cardiache, insieme a tutta l’anatomia fetale valutabile nel primo trimestre di gravidanza. A questi dati viene integrato il risultato di un prelievo di sangue materno chiamato Bitest, che consiste nel dosaggio della frazione libera dell’ormone della gravidanza (FreeBeta HCG) e la PAPP-A (proteina placentare associata alla gravidanza), al fine di aumentare la sensibilità dell’esame che ricordiamo non è diagnostico, ma probabilistico. 

Nell’insieme, viene denominato Test Combinato e consente, inoltre, di stimare il rischio di sviluppare patologie ipertensive proprie della gravidanza nelle fasi più avanzate e di impostare un programma di prevenzione e sorveglianza verso questa temibile problematica”.

Il Test Combinato ha l’obiettivo di rivalutare il rischio di base legato all’età della paziente. Prende in considerazione diverse variabili, sia fetali che materne. Tra esse, l’età della madre rappresenta uno degli elementi di rischio per lo sviluppo di anomalie cromosomiche: maggiore è l’età, più è il rischio.

 

Quando effettuare l’ecografia

L’ecografia per il test combinato o per test su DNA fetale viene effettuata tra le 11 e le 13 settimane circa. La sua durata dipende: 

  • dalle posizioni del feto e dai suoi movimenti; 
  • dalle caratteristiche fisiche della paziente e dei tessuti.

Può variare dai 10/15 minuti a circa mezz’ora.

 

I risultati

Il risultato dell’esame della translucenza nucale non presenta un valore fisso, ma dipende da: 

  • epoca gestazionale in cui si effettua; 
  • dimensioni del feto che non deve superare gli 84 mm, valore oltre il quale il parametro translucenza perde di attendibilità. 

 

Cosa fare se i valori sono alti

“Nei casi in cui i risultati del test combinato mettano in evidenza un rischio aumentato, verrà fatta una consulenza circa l’opportunità di acquisire il cariotipo fetale (valutazione numerica e macrostrutturale dei cromosomi) con procedure invasive come la villocentesi o l’amniocentesi, mentre nei casi a rischio intermedio (moderato) si discute con la paziente la possibilità di eseguire il test su DNA fetale - continua -.

Anche per il test del DNA fetale o NIPT, prima di arrivare al prelievo di sangue, è necessario svolgere un’ecografia molto approfondita che comprende lo studio dell’anatomia fetale (fattibile a 12 settimane circa) e la misurazione della translucenza nucale che resta il marcatore ecografico più affidabile per identificare il rischio di anomalie cromosomiche o malformative”.

 

L’esperienza del San Raffaele

Oggi, le linee guida nazionali, europee e internazionali prevedono lo studio del feto per valutare ecograficamente organi e apparati che fino a qualche anno fa non venivano presi in considerazione. 

L’esperienza e l’alta risoluzione degli ecografi di ultima generazione consentono di sospettare o diagnosticare, in alcuni casi, patologie malformative o situazione a rischio elevato in modo da impostare un percorso di consulenza e/o sorveglianza ecografica e clinica da attuarsi in maniera multidisciplinare con altri specialisti, come il genetista.

“L’Ospedale San Raffaele - conclude Mauro - è attivo nell’approfondimento diagnostico con esami invasivi per situazioni di rischio aumentato derivanti, tra le altre cose, da valori anomali della translucenza nucale. 

È in corso uno studio da parte del Centro Salute Feto dell’Ospedale San Raffaele che valuta l’opportunità o meno di ricorrere a procedure invasive, che hanno un modesto ma reale rischio di complicanze, in presenza di valori della translucenza nucale che si collocano ai limiti superiori o poco più in presenza di un rischio globalmente basso al test combinato”.

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