La giornata mondiale della tubercolosi al tempo del COVID-19

PUBBLICATO IL 24 MARZO 2020

Il 24 marzo di quest’anno non è solo l’occasione per ricordare a tutti che la tubercolosi è il killer infettivo numero uno, ma anche per riflettere sulla nostra capacità di combattere le epidemie. 

La Giornata Mondiale della Tubercolosi (TBC) viene celebrata in ricordo del 24 marzo 1882, quando Robert Koch annunciò alla comunità scientifica la scoperta dell’agente batterico responsabile della patologia, il cosiddetto bacillo di Koch

La tubercolosi è una malattia infettiva curabile nella maggior parte dei casi. Tuttavia, un ritardo nella diagnosi e un trattamento improprio degli infetti possono contribuire alla sua gravità e mortalità, oltre ad aumentarne la diffusione nella popolazione. 

Ecco perché ancora oggi la TBC rappresenta una delle 10 principali cause di morte nel mondo. 

Nel 2017, 10 milioni di persone nel mondo si sono ammalate di tubercolosi e la malattia ha portato al decesso di 1,6 milioni di persone.

Come ci spiega Daniela Cirillo, responsabile dell’Unità di ricerca Patogeni Batterici Emergenti dell’IRCCS Ospedale San Raffaele: “Come molte altre malattie infettive, la tubercolosi non risparmia nessun paese al mondo, compresi l'Unione Europea, dove più di 4.000 persone muoiono ancora ogni anno per la malattia.

Una crescente minaccia per la salute pubblica è rappresentata, in particolare, dalla forma di tubercolosi resistente ai farmaci, prodotta da un utilizzo improprio delle terapie antibiotiche e che si trasmette altrettanto bene in comunità”.

Quest’anno tutti gli eventi della giornata della TBC in programma saranno cancellati a causa dell’epidemia da COVID-19. Ma la sfida posta dal nuovo coronavirus può anche costituire l’occasione per riflettere sulle fragilità del nostro sistema di controllo delle malattie infettive e insegnarci nuove strategie d’azione.

Due malattie molto diverse ma dai forti impatti economici

La tubercolosi e la malattia COVID-19 sono in qualche modo legate: sono entrambe in grado di mettere a dura prova il sistema sanitario, anche se in maniera diversa.

COVID-19 – con la carenza di dispositivi di protezione individuale, di ventilatori meccanici e di letti in terapia intensiva ormai nota a tutti – sta mostrando come il nostro sistema sanitario non sia purtroppo in grado di adattarsi rapidamente a un’emergenza sanitaria come quella costituita dalle epidemie emergenti. 

Questa situazione avrà effetti economici devastanti anche per le regioni d’Italia più ricche.

La tubercolosi è molto più “silenziosa” (il batterio può restare latente per anni e anni, tanto che si calcola che un quarto della popolazione mondiale ne sia infetta), ma potrebbe emergere con conseguenze importanti in momenti specifici, come d’altronde è accaduto con l’epidemia di New York agli inizi degli anni Novanta. 

Nel 1990, la città di New York rappresentava più del 15% dei casi di infezione multi-resistente del paese e il governo federale dovette spendere più di 1 miliardo di dollari per controllare l'epidemia.

TBC e COVID-19: l’importanza della diagnosi tempestiva 

Una seconda somiglianza è data dall'importanza di una diagnosi tempestiva e rapida dell’infezione, nonché della sensibilizzazione dell'opinione pubblica, da cui dipende il contenimento di ogni epidemia.

“Il problema storico della diagnosi della TBC, un problema di tipo organizzativo e sanitario, non scientifico – continua Daniela Cirillo  – rappresenta una delle ragioni principali dell’estrema diffusione del batterio nella popolazione a rischio ed in particolare nei paesi poveri, nonché della conseguente esplosione di focolai della malattia”. 

Spesso, infatti, la tubercolosi non viene diagnosticata fino a quando il paziente non è gravemente malato. Una situazione in cui è anche più difficile intervenire e aumenta il rischio di sviluppare ceppi resistenti agli antibiotici.

Non diversamente è accaduto per la COVID-19: nonostante la sua comparsa in Cina nel dicembre 2019 e nonostante le informazioni chiave riguardo l’epidemia da nuovo coronavirus fossero note già da gennaio 2020, molti Paesi in tutto il mondo – Italia compresa – ne hanno sottovalutato la gravità e la rapidità di espansione. 

Ciò significa soprattutto che non si sono preparati a riconoscerla in modo efficace nei pazienti che mostravano sintomi potenzialmente riconducibili. 

Perché è difficile coordinarsi a livello internazionale

“Alla radice di molti di questi problemi  – spiega l’esperta – c’è la mancanza di piattaforme efficienti di sorveglianza, di condivisione dei dati e delle pratiche, in grado di facilitare sia la ricerca scientifica sia il contenimento di queste malattie. 

Esattamente come nel caso della tubercolosi, anche la ricerca su COVID-19 è al momento caratterizza da una frammentazione degli studi e dei dati raccolti, che sono fondamentali per comprendere cosa sta succedendo e agire in modo efficace.”

Per fortuna, però, se per la tubercolosi c’è una storica mancanza di risorse dedicate alla sorveglianza e alla ricerca, stiamo al contrario osservano una mobilitazione senza precedenti per il contenimento di COVID-19 e investimenti importanti per la ricerca scientifica sul virus che ne è responsabile. 

Resta da vedere cosa accadrà in quelle aree del mondo più povere e fragili, dove queste due malattie – COVID-19 e tubercolosi – potrebbero trovarsi a coesistere e contendersi risorse già scarsissime. 

Nel continente Africano ad esempio, l’arrivo del coronavirus, già di per sé devastante, potrebbe causare un’interruzione delle terapie per la tubercolosi, con conseguenze drammatiche su entrambi i fronti.

 “Sono convinta – conclude Daniela Cirillo –  che sia importante fare tesoro di questa esperienza per costruire un sistema permanente nazionale efficace di monitoraggio e controllo delle epidemie. Qualcosa che richiede il coordinamento interno, tra le diverse regioni, ed esterno, con gli altri interlocutori internazionali. 

Solo così possiamo sperare non solo di sconfiggere COVID-19, ma di controllare meglio le malattie infettive prossime future e quelle già così drammaticamente diffuse oggi, come la tubercolosi”.

Cura e Prevenzione