
Scoperta dal San Raffaele una nuova mutazione associata a morte improvvisa: analizzata un’intera comunità originaria del Sud Italia
PUBBLICATO IL 16 LUGLIO 2025
Pubblicati oggi sulla rivista scientifica Journal of the American College of Cardiology Advances (JACC): Heart Failure i risultati di uno studio condotto dall’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano che ha identificato una nuova mutazione genetica nel gene LMNA, associata a una forma grave di cardiomiopatia e a manifestazioni neuromuscolari più lievi, ma clinicamente rilevanti.
La scoperta è il risultato di uno screening genetico-clinico, frutto della collaborazione tra neurologi, cardiologi e genetisti che ha coinvolto 234 persone appartenenti a un unico albero genealogico di Caposele, piccolo comune della provincia di Avellino. L’analisi ha identificato 30 portatori della nuova mutazione genetica, pari al 12,8% del campione esaminato:
- il 100% dei soggetti portatori della mutazione presenta anomalie cardiache, in molti casi non note all’anamnesi e quindi non trattate;
- circa il 43% segni di coinvolgimento neuromuscolare.
In alcuni soggetti la diagnosi precoce ha consentito interventi tempestivi salvavita, come l’impianto di un defibrillatore o l’indicazione al trapianto di cuore.
La campagna di screening è iniziata nel 2022 e si è conclusa nel giugno 2024, godendo della straordinaria partecipazione della comunità civile e medica locale.
Il progetto è stato realizzato grazie all’impegno di 7 specialisti del San Raffaele guidati dal dottor Simone Sala, cardiologo e aritmologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, in collaborazione con il professor Stefano Previtali, neurologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e associato all’Università Vita-Salute San Raffaele, e con la professoressa Chiara Di Resta, docente presso la Facoltà di Medicina dell'Università Vita-Salute San Raffaele e ricercatrice dell’Unità di Genomica per la diagnosi delle patologie umane dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Le mutazioni delle lamine
Le lamine sono proteine fondamentali per la struttura e la stabilità del nucleo delle cellule: esse formano lo “scheletro interno” del nucleo, che protegge il materiale genetico e ne regola molte funzioni.
Le mutazioni a carico del gene LMNA, che fornisce le istruzioni per produrre le lamine, sono di vari tipi e danno luogo a una famiglia di malattie denominate laminopatie. Queste patologie si manifestano con sintomi e segni molto eterogenei, che comprendono anomalie cardiache (dovute a un progressivo deterioramento della funzione del cuore) e neuromuscolari.
Alcune di queste mutazioni sono anche responsabili di malattie rare e gravi, come la sindrome di progeria di Hutchinson-Gilford, che provoca invecchiamento precoce già in età pediatrica e ha ricevuto particolare attenzione in Italia grazie all’impegno divulgativo di Sammy Basso, giovane ricercatore affetto da questa patologia.
Oltre alla progeria, le laminopatie comprendono anche:
- cardiomiopatie familiari;
- distrofie muscolari;
- altre forme neuromuscolari complesse.
La nuova mutazione del gene LMNA
“La nuova mutazione del gene LMNA, identificata nel nostro studio, consiste nella delezione di una singola base del DNA, che può portare alla sintesi di una proteina non funzionale - spiega la professoressa Chiara Di Resta, che continua -: Questo provoca una fragilità strutturale delle cellule, che nel tempo può tradursi in una cardiomiopatia dilatativa: il cuore si dilata, perde forza nella contrazione con relativa alterazione del sistema di conduzione elettrico”.
“In tutti i portatori della nuova mutazione da noi identificata abbiamo in effetti osservato un coinvolgimento cardiaco le cui manifestazioni iniziali possono essere lievi e sottostimate, con il rischio però di un peggioramento repentino. Queste alterazioni cardiache infatti possono comprendere disturbi nel modo in cui il cuore trasmette gli impulsi elettrici, senza causare iniziali sintomi evidenti, ma instaurando poi una vera e propria aritmia cardiaca severa”, spiega il dottor Simone Sala.
Aggiunge il prof. Stefano Previtali: “La nuova mutazione, pur risultando principalmente in malfunzionamenti cardiaci, determina anche un coinvolgimento neuromuscolare in circa il 40% dei portatori. Le manifestazioni includono debolezza muscolare e difficoltà motorie, che possono variare in gravità e insorgenza”.
La storia di Caposele: come si è svolto lo studio
Nel 2021 una giovane donna si presentò nell’ambulatorio del dottor Simone Sala, presso il San Raffaele, per valutare alcuni episodi di alterazione lieve del ritmo cardiaco. A preoccupare davvero il medico fu la lunga storia familiare di morti improvvise riportate dalla paziente: parenti giovani, apparentemente sani, colpiti da arresti cardiaci senza spiegazione.
“Mi si accese così una lampadina – racconta il dottor Sala –. Non era solo un’aritmia: c’era qualcosa che sembrava ricorrere nella famiglia di questa paziente, e questo ‘qualcosa’ andava capito in fretta”.
Per le caratteristiche alterazioni cardiache, il medico sospettò una forma di laminopatia. La genetista Chiara Di Resta effettuò così l’indagine genetica della paziente e confermò l’ipotesi: la paziente era portatrice di una mutazione del gene LMNA mai descritta prima, battezzata c.208del dagli autori dello studio.
“Questa mutazione c.208del comporta un rischio elevato di aritmie maligne e morte improvvisa – spiega la dottoressa Chiara Di Resta –, ma anche sintomi neuromuscolari lievi. Il nostro primo obiettivo era chiaramente proteggere la paziente”.
Per questo motivo, e a scopo preventivo, il dottor Sala impiantò nella paziente un defibrillatore che si è poi rivelato determinante per salvare la vita della donna, colpita da arresto cardiaco pochi mesi dopo.
Successivamente, un secondo paziente originario di Caposele e con una storia personale nota per aritmie cardiache severe, si rivolse al dottor Simone Sala raccontando di casi di morti improvvise e casi familiari segnati da zoppia. Anche questo secondo paziente è poi risultato portatore della mutazione c.208del.
L’uomo raccontò inoltre di aver ricostruito insieme al cugino, e con la collaborazione dell’intera comunità e di discendenti di Caposelesi emigrati anche in America, un albero genealogico digitale di Caposele con quasi 3.000 soggetti, recuperando notizie da fonti parrocchiali, atti notarili del passato e strumenti open source, per risalire così a un unico antenato nato nel 1689 e potendo così ricostruire la storia familiare di 12 generazioni.
Anche sulla base delle ricostruzioni genealogiche di Caposele, il gruppo del San Raffaele ha potuto individuare le persone viventi possibili portatrici della nuova mutazione scoperta. Sfruttando la caratteristica autosomico-dominante della mutazione, per la quale basta ereditare una sola copia del gene alterato per sviluppare la malattia, il gruppo ha identificato precocemente i soggetti a rischio e li ha invitati a sottoporsi agli screening genetici e clinici, che in alcuni casi sono stati fondamentali per intervenire tempestivamente e prevenire esiti infausti.
Intelligenza artificiale e il modello Citizen Science
Per ottimizzare la selezione e la valutazione dei portatori della mutazione LMNA è stato inoltre impiegato un algoritmo di intelligenza artificiale (AI) che ha permesso di predire lo stato genetico dei partecipanti a partire da dati biometrici, elettrocardiogramma ed ecocardiografie, raggiungendo fino al 90% di accuratezza nella predizione.
Questo approccio innovativo ha migliorato l’efficacia dello screening e la gestione personalizzata dei pazienti, supportando la diagnosi precoce e le decisioni cliniche in un contesto di isolamento genetico unico come quello di Caposele.
La risposta della comunità è stata straordinaria: oltre il 90% delle persone rintracciate ha aderito volontariamente, contribuendo a realizzare uno degli screening genetici più estesi mai effettuati in un contesto di isolamento geografico in Sud Italia.
“In un’epoca in cui la ricerca sembra appannaggio esclusivo dei laboratori, l’esperienza di Caposele ribalta la prospettiva: qui la scienza è nata dalla popolazione, grazie alla grande determinazione e collaborazione di una comunità intera – concludono i dottori Sala, Previtali e Di Resta –.
È stato l’incredibile lavoro di ‘memoria collettiva’ dei Caposelesi a fornire la base per il tracciamento genetico. Famiglie intere si sono riunite per sottoporsi ai test, confrontarsi con i medici, comprendere rischi e opportunità di questa indagine.
Questo modello di citizen science (in cui cittadini, clinici e ricercatori collaborano alla pari) ha dimostrato che la conoscenza, quando condivisa, può generare un impatto reale. Il contributo della comunità non è stato solo logistico o numerico, ma profondamente umano: ha reso possibile un nuovo modo di fare medicina, fondato sulla fiducia, sull’identità e sulla memoria di un territorio”.