Cos'è l'anoressia

Cos'è l'anoressia

PUBBLICATO IL 09 GIUGNO 2025

Cos'è l'anoressia

PUBBLICATO IL 09 GIUGNO 2025

Centro per i Disturbi della Condotta Alimentare (DCA)

L’anoressia è un disturbo della condotta alimentare, patologia di cui si occupano prevalentemente gli psichiatri, perché alla base di esso c'è una problematica psichica.

In particolare, i pazienti hanno una dispercezione della loro forma corporea, cioè si vedono abnormemente grossi e pesanti, anche se si tratta molto spesso di persone che sono al limite inferiore se non, in alcuni casi, al di sotto. 

Questa preoccupazione, questa sovrastima della forma corporea, porta la persona gradualmente a sviluppare nel corso del tempo il bisogno di ridimensionare il proprio peso con una restrizione dell’alimentazione che, magari talvolta, può iniziare progressivamente (es. eliminando gli extra) cominciando a togliere i cibi più “pericolosi” come, per esempio, i carboidrati, arrivando persino a nutrirsi solo con un po’ di frutta o con delle tisane.

Ce ne parla la dottoressa Maria Cristina Cavallini, psichiatra e responsabile della Disease Unit per i Disturbi della condotta alimentare presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro.

 

Le caratteristiche e le fasi dell’anoressia 

Cos’è che mantiene questo comportamento e che possiamo identificare come fase dell’anoressia? 

“Inizialmente, i soggetti che perdono peso sono entusiasti, con un senso di euforia, che incita o li spinge a restringere ancora di più, salvo che poi quando il peso inizia a diminuire in maniera importante, cominciano a comparire i problemi legati al sottopeso - spiega la dott.ssa Cavallini -. Questo spesso si associa a demoralizzazione, ansia, tristezza, fino all’apatia. 

Dopo la fase definita luna di miele, comincia quella discendente: il paziente comincia ad avvertire la stanchezza, la spossatezza, le difficoltà di concentrazione e quindi si arriva a quei quadri che, anche dal punto di vista psicopatologico, sono manifestazioni importanti. Alcuni arrivano anche a delirare a causa del sottopeso. 

Un’ulteriore strategia per perdere peso è quella di praticare tanta attività fisica per bruciare calorie. Molto spesso, questi pazienti sono ridotti al lumicino dal punto di vista fisico, ma non riescono a frenarsi dal salire e scendere le scale, fare lunghi pezzi di strada a piedi e altro ancora. 

Questo rappresenta un grosso problema anche dal punto di vista del trattamento perché diventa difficile convincerli a mettere in atto condotte o comportamenti diversi”.

 

I tipi di anoressia

Esistono 2 tipi di anoressia, a seconda che il paziente metta o non metta in atto delle condotte eliminatorie, come il vomito autoindotto, per eliminare talvolta anche delle piccole unità di cibo, oppure l’assunzione di farmaci anoressizzanti o diuretici che rappresentano ulteriori aggravanti:

  • anoressia restrittiva;
  • anoressia con abbuffate e condotte eliminatorie.

“Ci sono soggetti che nascono come restrittivi con la tendenza a mantenere il loro rifiuto del cibo, mentre altri che nascono caratterizzati da condotte eliminatorie che spesso possono associare anche delle abbuffate a cui seguono vomito, utilizzo di lassativi o diuretici - prosegue -.

Una volta, nei criteri diagnostici per anoressia nei soggetti femminili, rientrava anche l’amenorrea, cioè l’assenza di mestruazioni, che successivamente è stata eliminata, sia perché alcuni soggetti sottopeso mantenevano il ciclo mestruale sia perché la patologia coinvolge anche soggetti maschili. 

Il problema è quindi la dispercezione dell’immagine; per fare una diagnosi di anoressia il BMI (indice di massa corporea) deve essere inferiore a 18”.

 

I campanelli d’allarme dell’anoressia

I primi campanelli di allarme per la malattia, come detto, si osservano innanzitutto nel paziente che comincia a eliminare gradualmente alcuni cibi dalla sua dieta, ma anche sul piano sociale si osservano dei cambiamenti. 

Il cibo non solo rappresenta un elemento fondamentale per la sopravvivenza, ma anche un elemento di aggregazione, di convivialità. Questi ragazzi, spesso, rinunciano a uscire con gli amici perché ciò significherebbe mangiare e non riuscire a nascondersi. 

Ma anche all’interno dello stesso contesto familiare, queste persone tendono a non voler più pranzare in famiglia, o a prepararsi i pasti in autonomia e consumarli isolandosi da tutti, per poi dopo magari rigettarli o smaltirli con intensa attività fisica.

 

Le persone maggiormente esposte al rischio

“Sicuramente i giovani sono tra le persone più esposte al rischio di sviluppare l'anoressia perché questa patologia, di solito, ha un esordio giovanile. 

Tra l’altro quello che si sta rivelando gradualmente è un abbassamento sempre maggiore dell'età di esordio della malattia – specifica la specialista -. Si è arrivati anche a osservare quella che viene chiamata baby anoressia, cioè quella che coinvolge soggetti intorno ai 9-10 anni, addirittura in epoca pre-menarca per le bambine, con i quali poi diventa difficile stabilire degli obiettivi perché, per esempio, il ripristino del ciclo mestruale è uno degli obiettivi della cura dell’anoressia nei soggetti di sesso femminile. 

Come categorie particolari a rischio anoressia rientrano, questo anche nei soggetti di sesso maschile, gli atleti. I giovani atleti sono soggetti, per necessità, anche a pressioni intense, su come deve essere 'fatto' il proprio corpo. 

Anche negli altri Paesi del mondo si è visto che i giovani atleti, maschi e femmine, sono tra i più esposti alle pressioni che ricevono dall’esterno per eccellere in quello che fanno. Un’ulteriore caratteristica del soggetto affetto da anoressia è la precisione, il perfezionismo, al limite del maniacale, che lo porta a dovere arrivare all’obiettivo il più in fretta possibile”.

 

Le cure e i trattamenti

“Attualmente i percorsi per la cura dell’anoressia sono complessi e integrano interventi di diverse forme con un approccio multidisciplinare – approfondisce -. 

Tra questi si colloca sicuramente: 

  • lo specialista in nutrizione che deve, in qualche modo, stimolare il paziente a riprendere una normale attitudine verso cibo e alimentazione;
  • lo specialista psicologo perché chiaramente, se dietro al bisogno di restringere e di andare dietro a determinati modelli, si cela l’insoddisfazione per la propria immagine corporea è necessario andare a capire perché questo tipo di comportamento si concretizza, quali sono i presupposti psicologici (es. perfezionismo) che portano una persona a cercare di sconfiggere la fame.

Nel nostro modello di cura interviene lo psichiatra, che è il coordinatore dell’équipe, e il medico internista con i quali si decide come modulare la cura e la terapia.

Da un punto di vista farmacologico, non esistono veri e propri medicinali per la cura dell’anoressia, anche perché questi possono essere utilizzati per intervenire sui sintomi. Mentre per la depressione noi sappiamo che prescrivendo l’antidepressivo la persona starà meglio, nel caso dei disturbi della condotta alimentare fondamentalmente è la rinutrizione che aiuta il paziente. 

Come funziona un farmaco su questo tipo di soggetto? Per riscontrare un’efficacia nell’attività del farmaco, dal punto di vista degli aspetti psichiatrici e psicologici, è necessario riportare il fisico del paziente a una condizione normale, in modo che i farmaci possano sortire il giusto effetto”.

Come aiutare una persona anoressica 

Il primo passo per prevenire l’insorgenza dell’anoressia è sicuramente saper cogliere quegli aspetti di cambiamento, di cui parlavamo prima, da parte di familiari e conoscenti come, per esempio: 

  • un cambiamento repentino degli stili alimentari, troppo drastico e drammatico; 
  • la modifica della sfera sociale (rinunciare a uscire con gli amici per non mangiare insieme);
  • il perfezionismo, cioè il veder associarsi questa rigidità, questa intransigenza, una traiettoria di vita che non è tipica di un ragazzo o una ragazza di quell’età. 

Anche l’essere ossessivi nel modo di approcciare lo studio e l'attività fisica può accendere un campanello d’allarme nei familiari, negli insegnanti o nei caregiver. 

“È necessario quindi prestare particolare attenzione, osservare, vedere se si tratta di una fase di transizione o una consuetudine - conclude Cavallini -. Nel momento in cui ci si accorge che c’è questo tipo di tendenza, è fondamentale ricorrere o rivolgersi a professionisti che abbiano una specializzazione in questo ambito e che possano garantire un percorso di cura adeguato”.