ARSACS: nuovi passi per studiare la progressione di questa rarissima malattia neurodegenerativa
PUBBLICATO IL 19 DICEMBRE 2024
Un nuovo studio del San Raffaele ha individuato i segni precoci e tardivi in un modello murino della malattia, raccogliendo informazioni fondamentali per indirizzare gli studi clinici nei pazienti
L'atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay (ARSACS) è una malattia genetica neurodegenerativa molto rara, largamente prevalente in Canada, ma presente in tutto il mondo. In Italia si contano circa 50 casi, ma questa stima potrebbe essere in difetto.
La malattia è causata da una mutazione nel gene che codifica la sacsina, una proteina strutturale particolarmente abbondante nelle cellule di Purkinje del cervelletto, la regione del sistema nervoso che coordina il movimento.
La variabilità dei sintomi e dell’età in cui la ARSACS si manifesta nei pazienti rende molto difficile predirne l’andamento nel tempo, anche a causa della mancanza di specifici biomarker longitudinali che caratterizzano l’evoluzione temporale della malattia.
Individuare le caratteristiche biologiche che accompagnano il decorso temporale di ARSACS è, però, indispensabile per monitorare l’efficacia di futuri trattamenti clinici e, possibilmente, adeguarli alle varie fasi della malattia, per garantire il benessere dei pazienti che ne sono affetti.
Lo studio su Annals of Neurology
Il gruppo della dottoressa Francesca Maltecca, a capo dell’Unità Disfunzioni Mitocondriali in Neurodegenerazione presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele e Università Vita-Salute San Raffaele, ha recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Annals of Neurology che descrive la progressione di ARSACS in un modello murino della malattia. I risultati raccolti sono importanti per:
- indirizzare gli studi clinici in corso;
- sviluppare nuove terapie personalizzate sul paziente.
Nello studio sono state impiegate le tecniche non invasive di:
- Tomografia Ottica a Radiazione Coerente, per valutare le caratteristiche morfologiche della retina (il tessuto nervoso che riveste il retro degli occhi);
- Risonanza Magnetica Cerebrale, per monitorare le alterazioni del cervello nel modello preclinico della malattia nel tempo.
Tecniche di elettrofisiologia e valutazioni di attività motoria sono state, inoltre, impiegate per testare la funzionalità visiva e l’atassia spastica del modello murino.
I dati emersi
I ricercatori hanno così osservato che l’ispessimento dello strato di fibre nervose della retina (da cui emerge il nervo ottico), una caratteristica peculiare dei pazienti ARSACS attualmente usata per la diagnosi differenziale la cui evoluzione è però ignota, sembra essere un biomarker precoce della malattia nel modello preclinico studiato.
Al contrario, le alterazioni del corpo calloso (il fascio di materia bianca che collega i 2 emisferi cerebrali) sembrano comparire nelle fasi avanzate di ARSACS, insieme alle alterazioni della funzionalità elettrica dei neuroni visivi. Queste caratteristiche si accompagnano, inoltre, a un generale e progressivo peggioramento della performance motoria nel tempo.
“Questi biomarker della malattia che abbiamo identificato nel modello preclinico di ARSACS forniscono indicazioni importanti per la clinica, dato che a oggi non sono stati riportati studi longitudinali sui pazienti che includano queste tecniche non invasive. Essi rappresentano un importante punto di partenza per seguire la progressione temporale della malattia e valutare l’efficacia del suo trattamento sulla base del decorso clinico”, commenta la dottoressa Maltecca.
L’IRCCS Ospedale San Raffaele insieme all’IRCCS Stella Maris di Pisa sta, infatti, conducendo uno studio di storia naturale della malattia nei pazienti ARSACS supportato dal Ministero della Salute, per tracciare meglio la progressione della malattia in previsione di futuri trial clinici.