Chirurgia del pancreas: centralizzare l’offerta per garantire qualità delle cure

PUBBLICATO IL 06 LUGLIO 2020

Lo studio condotto dal San Raffaele di Milano dimostra l’importanza di affidarsi ad un centro di chirurgia pancreatica ad alto volume e chiede di istituire una nuova policy di accreditamento a livello nazionale

La chirurgia pancreatica è una delle specialità chirurgiche più complesse: gli interventi sono lunghi, difficili e ad alto rischio di complicanze. 

Ecco perché c’è uno stretto legame tra il numero annuo di interventi effettuati da un’equipe chirurgica e la mortalità operatoria: gli ospedali ad alto volume sono anche quelli dove le cure sono più sicure e la mortalità operatoria è più bassa

Per garantire lo stesso standard di trattamento a tutti i pazienti con patologie del pancreas occorre centralizzare la chirurgia pancreatica, restringendo il numero di centri abilitati per questo tipo di intervento e stabilendo delle rigide regole di accreditamento.

Sono queste le conclusioni di uno studio effettuato da Gianpaolo Balzano dell’unità di Chirurgia del Pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, sotto il coordinamento del professor Massimo Falconi, primario dell’unità e direttore del Pancreas Center. Lo studio è stato pubblicato sul British Journal of Surgery.

Il modello di centralizzazione proposto dai ricercatori

Analizzando i dati italiani, i ricercatori delineano il miglior modello di centralizzazione per l’Italia, che consiste nel permettere di operare al pancreas soltanto ai centri che effettuano più di 10 resezioni all’anno e la cui mortalità operatoria è inferiore al 5%. Da 395, gli ospedali accreditati diventerebbero 45. 

Attraverso questa scelta si garantirebbe una riduzione sostanziale della mortalità media Italiana (che si dimezzerebbe, da 6.2% a 2.7%), mantenendo tuttavia la distribuzione sul territorio dei centri abilitati alla chirurgia del pancreas.

“Se lo standard di trattamento offerto dai centri ad alto volume fosse accessibile a tutti i pazienti che hanno bisogno di un intervento di resezione pancreatica, più della metà delle morti avvenute in Italia nel biennio 2014-2016 si sarebbero potute evitare - afferma Gianpaolo Balzano, primo autore -. Questo senza affaticare eccessivamente gli ospedali accreditati, che dovrebbero effettuare in media soltanto un intervento in più a settimana.”

Commenta afferma Massimo Falconi: “Centralizzare a livello nazionale la chirurgia pancreatica, come moltissimi paesi europei hanno già fatto, è un imperativo morale: avere meno ospedali abilitati che effettuano un maggior numero di interventi significa garantire a tutti i pazienti l’accesso a cure adeguate. Questo è, però, solo punto di partenza. Rimane centrale anche l’approccio multidisciplinare, l’umanizzazione delle cure e l’attenzione alla qualità della vita oltre il superamento della patologia.”

In cosa consiste lo studio

Gli autori hanno analizzato i dati sulla mortalità operatoria (definita come mortalità ospedaliera) per gli interventi di resezione pancreatica effettuati in Italia nel triennio 2014-2016. Secondo questi numeri, forniti dal Ministero della Salute in forma anonima, gli ospedali italiani che hanno effettuato almeno una resezione pancreatica all’anno durante questo intervallo sono ben 395, per un totale di 12.662 interventi. 

La mortalità media sul territorio nazionale è 6.2%, ma il dato varia fortemente da ospedale a ospedale, in accordo con il numero di interventi effettuati: gli ospedali che effettuano meno di 10 resezioni pancreatiche all’anno hanno una mortalità media di oltre il 10% (in 5 di questi centri, la mortalità supera il 20%), mentre gli ospedali ad alto volume, con oltre 167 resezioni pancreatiche all’anno, hanno una mortalità del 3.1%.  

 

 

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