Nuove speranze per l’immunoterapia contro il tumore alla prostata

PUBBLICATO IL 12 MARZO 2018

La prostata è l’organo centrale del sistema riproduttivo maschile e per ragioni strutturali è difficilmente raggiungibile sia dai farmaci che dalle cellule del sistema immunitario. Questo rende particolarmente difficile sconfiggere il tumore alla prostatamolto diffuso soprattutto sopra i 60 anni di età. Grazie al supporto di AIRC – l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro – e del Cancer Research Institute di New York, il gruppo di ricerca guidato da Matteo Bellone, a capo dell’unità di Immunologia Cellulare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha scoperto che una sostanza già approvata in clinica per altri usi è in grado di facilitare l’accesso alla prostata delle cellule del sistema immunitario in modelli sperimentali, dando speranze per nuovi approcci terapeutici.

Già oggi, a seconda delle caratteristiche del paziente, diverse sono le strategie disponibili per il trattamento del tumore alla prostata. Tra queste troviamo l’immunoterapia, tecnica che in ambito oncologico ha lo scopo di aiutare il sistema immunitario a svolgere il suo compito: eliminare le cellule tumorali. Questo può avvenire sia attraverso il trapianto di linfociti T provenienti da un donatore, che aggrediscono il tumore, sia utilizzando farmaci – chiamati immunomodulatori – che aiutano i linfociti del paziente a essere più efficaci nella loro azione. I fondamentali vantaggi dell’immunoterapia sono la sua specificità (il sistema immunitario è potenzialmente in grado di riconoscere ed eliminare anche singole cellule trasformate) e i limitati effetti indesiderati. Purtroppo però, l’adenocarcinoma della prostata è poco sensibile a questo specifico tipo di terapie, proprio per l’impermeabilità della prostata al sistema immunitario.

La ricerca, di recente pubblicata sulla rivista Clinical Cancer Research, potrebbe cambiare lo stato attuale delle cose. Essa è frutto di una stretta collaborazione fra le unità di ricerca dirette da Matteo Bellone, Angelo Corti e Anna Mondino possibile grazie al lavoro di Angela Rita Elia, prima autrice della pubblicazione. I ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele hanno somministrato una proteina che si deposita in maniera selettiva nei vasi sanguigni del tumore e hanno dimostrato la sua capacità di rendere i vasi più permeabili al passaggio delle cellule del sistema immunitario. Per assicurare l’efficacia della terapia, i ricercatori hanno contemporaneamente infuso ulteriori cellule T. L’uso combinato di queste due tecniche – il farmaco sperimentale e il trapianto – ha mostrato risultati molto positivi a un anno e mezzo dalla terapia: il 50% dei topi era ancora vivo, a differenza del gruppo di controllo, a cui venivano somministrate le terapie singole, che risultava invece decimato.

Lo studio pubblicato dimostra come sia possibile modulare la risposta immunitaria anche in soggettivi inizialmente poco sensibili all’immunoterapia. Inoltre, grazie al fatto che sono state utilizzate sostanze che hanno già superato i test di sicurezza e tollerabilità nell’uomo, la terapia sperimentale messa a punto dal gruppo di Bellone potrà trovare rapidamente la strada ai primi studi nell’uomo.

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