Che cosa si intende per iperplasia surrenale congenita
PUBBLICATO IL 27 DICEMBRE 2024
L'iperplasia surrenale congenita è una malattia genetica rara che determina un’insufficiente funzione del surrene (ghiandola situata sopra il rene), cioè il surrene non è più in grado di produrre adeguatamente il cortisolo, principale ormone prodotto dal surrene, fondamentale per la nostra sopravvivenza. Chi presenta quindi un’insufficienza surrenalica non riconosciuta è a rischio per la propria vita.
In particolare, l’iperplasia surrenale congenita è determinata da un’alterata funzione di uno degli enzimi che permettono la produzione di cortisolo. Il deficit enzimatico più frequente è quello dell’enzima 21 idrossilasi, responsabile di più del 90% dei casi di iperplasia surrenale congenita. L’iperplasia surrenale congenita ha un’incidenza di 1 a 15.000 e, per questo, viene considerata una malattia rara.
Ne abbiamo parlato con il Dott. Gianni Russo, specialista in Pediatria e Endocrinologia presso l’Unità Operativa di Pediatria e Neonatologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che ci ha aiutato ad avere una panoramica generale su questa patologia, approfondendone i sintomi e l’importante lavoro svolto dall’Ambulatorio dedicato presente all’interno dell’Ospedale e punto di riferimento sul territorio di questa importante e rara patologia genetica.
Cos’è l’iperplasia surrenale congenita
“L’iperplasia surrenale congenita è una patologia rara che determina l’insufficiente produzione di alcuni ormoni prodotti dal surrene - spiega il dr. Russo -. I principali ormoni prodotti dal surrene sono:
- il cortisolo e l’aldosterone, particolarmente necessari per la nostra vita e sopravvivenza;
- il gruppo degli androgeni.
I deficit enzimatici sono in totale 6, il più frequente e il più noto è il deficit dell'enzima 21-idrossilasi.
In questa condizione clinica, si verifica il blocco della produzione ormonale ‘a valle’ del deficit enzimatico con conseguente insufficiente produzione di cortisolo e di aldosterone, con un accumulo dei precursori ‘a monte’ che prendono l’unica via metabolica rimasta aperta, cioè quella del gruppo degli androgeni, determinando di conseguenza un eccesso della loro produzione.
I surreni, non producendo cortisolo, vengono stimolati a funzionare dall’ormone ipofisario che ne regola l’attività, ma, non venendo prodotto il cortisolo, questo stimolo continua e determina una iperplasia dei surreni, cioè diventano più grandi. A seconda dell’entità del deficit enzimatico, ne consegue la gravità delle manifestazioni cliniche”.
Come si manifesta un deficit enzimatico
L’entità del deficit enzimatico può schematicamente determinare 2 diverse forme cliniche:
- forma clinica classica, la più severa, con manifestazioni cliniche già in età neonatale. Il blocco enzimatico è completo o quasi completo: i 2 ormoni principali (cortisolo e aldosterone) non vengono prodotti, si manifesta un’importante insufficienza surrenalica; nel contempo, si verifica un accumulo di androgeni che, a loro volta, determineranno delle manifestazioni cliniche già in epoca fetale;
- forma lieve o tardiva, in questo caso il deficit enzimatico è meno rilevante: in genere la produzione di cortisolo e aldosterone è sufficiente per non determinare sintomi clinici dovuti alla carenza di questi ormoni; si ha prevalentemente una sintomatologia clinica determinata dall’eccesso di androgeni, ma non così rilevante come nella forma classica. Non sempre in questa forma clinica è necessaria la terapia ormonale sostitutiva.
I sintomi della forma classica dell’iperplasia surrenale congenita
“I sintomi della forma classica dell’Iperplasia surrenale congenita sono quelli determinati dall’insufficienza surrenalica nei neonati di entrambi i sessi - continua lo specialista -. Si manifestano dopo circa 7-10 giorni dalla nascita e possono essere non specifici, per questo motivo non sempre riconosciuti. Tra questi:
- difficoltà di una normale crescita;
- difficoltà nell’alimentazione con possibilità di vomito e alterazioni dell’alvo;
- difficoltà nella suzione;
- mancato recupero e anche perdita del peso della nascita;
- facile stancabilità;
- pianto lamentoso;
- letargia.
A questi si associano variazioni dal punto di vista metabolico:
- valori ridotti di sodio nel sangue (iponatremia);
- valori ridotti di zuccheri nel sangue (ipoglicemia);
- acidosi metabolica.
Se i sintomi non vengono prontamente riconosciuti, non viene fatta una diagnosi e impostata una corretta terapia, questi eventi tendono a precipitare fino a evolvere in una crisi surrenalica acuta, evento che può essere fatale e portare al decesso del neonato.
I neonati di sesso cromosomico femminile presentano frequentemente un’atipia di sviluppo dei genitali esterni: la presenza di un eccesso di androgeni determina già in epoca fetale una modifica dell’aspetto dei genitali esterni che vengono ‘virilizzati’, cioè possono assomigliare a quelli di un maschio; i genitali interni rimangono, invece, femminili. Tale situazione può in alcuni casi portare al sospetto diagnostico”.
Perché è importante lo screening neonatale per il deficit enzimatico
Lo screening neonatale per questo deficit enzimatico è estremamente importante. I sintomi iniziali, come abbiamo visto, possono non essere specifici e quindi non indirizzare correttamente la diagnosi. In caso di mancata diagnosi e di mancato intervento terapeutico, i neonati affetti sono a rischio di morte. Viene suggerita, quindi, la sua introduzione tra gli screening neonatali nei consensus internazionali dedicati.
La Regione Lombardia, a partire dal 2005, ha introdotto lo screening per l’iperplasia surrenale congenita da deficit dell'enzima 21-idrossilasi tra gli screening neonatali. Lo scopo è arrivare a un sospetto diagnostico e a una diagnosi in tempi rapidi per evitare l’insorgenza di una crisi surrenalica e instaurare una corretta terapia che si configura come salvavita.
Un altro obiettivo dello screening è favorire una corretta e precoce identificazione clinica nelle neonate di sesso cromosomico femminile che presentano un’atipia dei genitali esterni.
“Non è un caso che in alcune regioni dove è attivo lo screening neonatale, queste forme vengano diagnosticate con maggiore frequenza rispetto ai paesi e alle regioni in cui lo screening non è attivo - prosegue -. In quelle situazioni è possibile che una parte dei neonati con queste problematiche non vengano riconosciuti e di conseguenza decedano. Ciò avviene principalmente nei soggetti con sesso cromosomico maschile che non manifestano alla nascita alterazioni fisiche che possono indurre il sospetto clinico”.
Come funziona lo screening neonatale
Lo screening neonatale viene eseguito insieme agli altri screening neonatali nei primi giorni di vita andando a dosare l’ormone 17-idrossidoprogesterone che è a monte del difetto enzimatico, utilizzato come marcatore di questa patologia. In base al valore ritrovato nello screening, si definisce se:
- è un soggetto altamente a rischio di una forma classica;
- si è di fronte a una forma più lieve;
- è un soggetto con valori normali.
I soggetti più altamente a rischio devono essere indirizzati in centri specializzati per la conferma diagnostica, una corretta presa in carico per la gestione della patologia.
Come si tratta l’Iperplasia
“Essendo un deficit ormonale, la terapia è di tipo ormonale sostitutiva - specifica lo specialista -, che si configura come salvavita; si assumono gli ormoni mancanti: cortisone e l’ormone che sostituisce l’aldosterone, che è un mineralattivo, cioè favorisce la ritenzione dei sali e dei liquidi.
È una terapia che, se iniziata correttamente e per tempo, permette un benessere complessivo dei soggetti che possono di conseguenza condurre una vita completamente normale, con controlli periodici per controllare l’efficacia della terapia.
La terapia con cortisone ha iniziato a essere disponibile dal 1950 e ha radicalmente cambiato la prospettiva di questi pazienti, garantendo la loro sopravvivenza ed evitando l’insorgenza di crisi surrenaliche. Tuttavia, i prodotti utilizzati finora si sono dimostrati poco fisiologici, cioè riescono poco a mimare la normale presenza degli ormoni mancanti. Si è visto che questo può comportare problemi e complicanze nei soggetti affetti”.
Il ruolo della ricerca
“La ricerca per trovare nuovi farmaci più efficaci, che potessero limitare l’insorgenza di complicanze, si è sviluppata negli ultimi anni. Attualmente, sono già in commercio alcuni prodotti che garantiscono una migliore e più fisiologica ‘sostituzione’ degli ormoni mancanti.
Ma gli studi non si fermano: altri farmaci sono in fase sperimentale per arrivare a una sempre migliore efficacia della terapia che possa garantire non solo un’adeguata sopravvivenza, ma un’ottimale qualità di vita.
L’Ospedale San Raffaele è coinvolto in prima linea in questi studi sperimentali sia nei soggetti adulti, sia in quelli in età pediatrica.
La grossa difficoltà di avere informazioni rilevanti nel gruppo di soggetti che presentano una malattia rara è data proprio dalla loro rarità: diventa quindi fondamentale ‘unire le forze’ tra i vari centri nazionali e internazionali che si occupano di tali patologie.
Da qui l’importanza di registri internazionali dedicati che permettono di raccogliere informazioni su casistiche più ampie per poi fare studi e avere conoscenze sempre maggiori per migliorare la gestione clinica e la qualità di vita dei pazienti. Come Centro siamo attivamente coinvolti in questi registri e in questi studi internazionali.
Essendo una patologia genetica, è importante anche l’aspetto genetico, sia per la diagnosi sia per la consulenza. L’indagine genetica era stata introdotta inizialmente in via sperimentale già da alcuni decenni nel Laboratorio di Genetica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele che, attualmente, è il principale laboratorio che si occupa della diagnosi genetica di questa patologia in Regione Lombardia”.
L’approccio multidisciplinare del San Raffaele
“L’approccio dell’IRCCS Ospedale San Raffaele - prosegue - si contraddistingue per essere multidisciplinare e interdisciplinare. Questo consiste nella presa in carico complessiva del paziente, con specialisti competenti in diverse discipline, a volte con visite congiunte e che si confrontano tra di loro periodicamente.
Dal punto di vista clinico, l’endocrinologo pediatra è fondamentale per la diagnosi, la gestione della terapia ormonale sostitutiva, il controllo della crescita e il controllo ormonale.
Ma non solo. È fondamentale anche il supporto psicologico sia per la famiglia sia per il soggetto interessato. Questo aspetto è supportato attualmente da psicologi specialisti del team della prof.ssa Anna Ogliari, grande punto di riferimento per gli aspetti psicologici in pediatria.
Ma da sempre il nostro Centro si è contraddistinto in questo campo. Nel team è importante la figura del chirurgo/urologo pediatrico con il quale valutare l’alterazione dei genitali presenti nelle femmine e definire insieme alla famiglia come procedere; nelle femmine che presentano un’importante atipia dei genitali esterni può essere necessario un intervento chirurgico correttivo.
L’indagine genetica è di estrema rilevanza non solo per la conferma diagnostica, ma anche e forse soprattutto per la consulenza genetica alla famiglia. Essendo l’iperplasia surrenale congenita una patologia autosomica recessiva (cioè per manifestarsi entrambi i geni che contengono il messaggio per la formazione dell’enzima devono essere alterati), nella maggioranza dei casi i genitori dei bambini risultano entrambi portatori sani, cioè presentano uno dei 2 geni alterato; hanno pertanto un rischio nelle successive gravidanze di avere altri figli affetti (rischio del 25% per ogni gravidanza). Essere informati è quindi molto importante per le scelte da fare.
È infatti possibile effettuare una diagnosi prenatale per questa patologia e anche utilizzare una terapia prenatale con uno scopo ben definito, che ha ancora caratteristiche di terapia sperimentale”.
L’Ambulatorio di transizione dedicato del San Raffaele
Grazie ai progressi della medicina, una buona parte dei soggetti con patologie croniche rare a esordio in età pediatrica hanno attualmente delle buone aspettative di vita. Diventa quindi molto importante avere anche per l’età adulta medici di riferimento competenti. Alcuni aspetti presenti in età pediatrica e alcuni obiettivi della terapia possono differire da quelli per l’età adulta.
Per tale motivo l’Ospedale San Raffaele ha attivato un ambulatorio di transizione dedicato a questa patologia endocrinologica. Questo ambulatorio ha l’obiettivo di favorire il passaggio dall’ambulatorio pediatrico a quello degli adulti, dove continueranno a essere seguiti nelle fasi successive della loro vita.
“Con il supporto del Prof. Andrea Giustina, primario dell’Unità di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele - afferma il medico -, l’ambulatorio è stato rafforzato grazie alla competenza delle figure di riferimento e alla conoscenza della problematica di base per affrontare in modo multidisciplinare la patologia che questi soggetti possono presentare.
Nell’équipe multidisciplinare figure di riferimento sono anche il ginecologo e l’andrologo. In particolare ginecologi esperti di problematiche associate alle malformazioni dei genitali femminili per favorire un adeguato approccio alla sessualità e alla fertilità.
Anche i maschi affetti, pur non presentando alterazioni genitali, possono presentare alterazioni ormonali che determinano compromissione della fertilità in età adulta; di qui l’importanza di andrologi competenti, conoscitori della patologia.
Tutti aspetti che devono essere presi in considerazione nell’obiettivo di favorire il benessere complessivo e la completa realizzazione da tutti i punti di vista per questi soggetti.
L’IRCCS Ospedale San Raffaele - conclude Russo - attraverso il Centro di Endocrinologia Pediatrica costituisce uno dei centri di endocrinologia di riferimento a livello regionale, nazionale e internazionale per questa come per altre patologie endocrine. È all’interno degli ERN, le reti internazionali europee che si occupano di patologie rare, in particolare di Endo-ERN, la rete internazionale europea che si occupa di patologie endocrine rare”.