Tumori

Tumore della prostata

Che cos’è

Il tumore alla prostata è una formazione di tessuto costituito da cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno della ghiandola prostatica. Origina nella porzione periferica della ghiandola in oltre il 70% dei casi ed è quindi spesso apprezzabile anche all’esplorazione rettale. Nella porzione antero-mediale transizionale dell’organo insorge il 20% delle neoplasie, mentre la zona centrale è tipica della iperplasia prostatica ed è sede primaria solo del 5% delle neoplasie.

Tipologie

La tipologia più frequente è la neoplasia ghiandolare, mentre altre tipologie più rare sono:

  • neoplasie squamose;
  • tumori neuroendocrini;
  • carcinomi a cellule transizionali;
  • tumori dello stroma prostatico;
  • tumori mesenchimali. 

A seconda del grado istologico, in accordo alla classificazione di Gleason (che va da un punteggio di 2 a 10 in base all’aspetto istologico della ghiandola), il tumore della prostata si divide in 5 gruppi di grado (Grade Groups). Il sistema dei gruppi di grado ha allineato la gradazione del carcinoma prostatico a quella di altri tumori con il grado più̀ basso identificato con il gruppo 1. Al crescere del grado corrisponde una prognosi peggiore.

Sintomi

Nelle sue fasi iniziali di sviluppo il tumore della prostata è totalmente asintomatico rendendo difficoltosa la diagnosi precoce. Con il crescere della massa tumorale cominciano i tipici sintomi della malattia

  • difficoltà nella minzione;
  • bisogno di urinare frequentemente;
  • sensazione di mancato svuotamento della vescica;
  • presenza di sangue nelle urine o nello sperma. 

Tali sintomi però possono essere comuni anche a problemi prostatici di natura benigna come, ad esempio, l'ipertrofia prostatica. Ecco perché in caso di sintomi simili è opportuna una visita urologica per poter valutare al meglio l'origine del disturbo. Il tumore della prostata evolve spesso lentamente e perciò può rimanere asintomatico per molti anni.

Fattori di rischio

L’eziologia del carcinoma prostatico è considerata multifattoriale ed è il risultato di una articolata interazione tra fattori genetici di suscettibilità (responsabili della familiarità e della diversa incidenza geografica) ed ambientali (dieta, cancerogeni presenti nell’ambiente). 

Sono riconosciuti come fattori di rischio per il tumore della prostata:

  • l’età avanzata;
  • l'etnia afroamericana;
  • elevati livelli circolanti di testosterone e di IGF-1;
  • storia familiare di tumore della prostata. 

Il carcinoma prostatico è inoltre correlato con la sindrome HBOC (hereditary breast and ovarian cancer) e alla sindrome di Lynch, entrambe legate a mutazioni germinali dei geni coinvolti nel riparo del DNA.

Diagnosi

La diagnosi di carcinoma prostatico si basa sulle seguenti indagini: 

  • esplorazione rettale: costituisce il primo approccio diagnostico al paziente che presenti sintomatologia riferibile ad una possibile patologia prostatica, alla luce del fatto che il tumore prostatico insorge in più del 70% dei casi a livello della porzione periferica, ovvero quella “palpabile”, della ghiandola;
  • dosaggio del PSA: il PSA (antigene prostatico specifico) è una glicoproteina prodotta dal tessuto ghiandolare prostatico, secreta nel liquido seminale e rilasciata nel sangue solo in quantità minime in condizioni fisiologiche. Il sovvertimento della normale istologia prostatica in caso di patologia benigna o maligna della prostata, determina un incremento dei livelli ematici di PSA, che deve essere pertanto considerato un marcatore di patologia prostatica;
  • risonanza magnetica (RM) multiparametrica: ricopre un ruolo fondamentale nell’individuazione del cancro della prostata in pazienti con sospetto clinico e per guidare il campionamento bioptico attraverso le biopsie prostatiche di “fusione”. Le lesioni individuate alla RM sono caratterizzate secondo la classificazione PI-RADS che si basa su una scala di valori da 1 a 5, e permette di assegnare un valore crescente di probabilità che un reperto sia un tumore maligno (carcinoma prostatico);
  • agobiopsia prostatica: sulla base del sospetto clinico, laboratoristico e della risonanza magnetica viene posta indicazione all’esecuzione di una biopsia prostatica, eseguita mediante approccio transrettale o transperineale.

Cura

In base alle caratteristiche del tumore della prostata e del paziente, sono disponibili diversi approcci terapeutici. Per i pazienti anziani con altre comorbidità, si può scegliere di mantenere una “vigile attesa” senza intervenire fino a comparsa di sintomi.
Invece, pazienti con malattia a basso rischio possono intraprendere un percorso di “sorveglianza attiva” che prevede controlli seriati (PSA, esame rettale e biopsie) per valutare l’evoluzione della malattia fino al momento dell’intervento.

La terapia attiva di scelta è la prostatectomia radicale che viene considerata curativa se la malattia risulta confinata nella prostata. Questo intervento può essere effettuato in modo “aperto” oppure per via laparoscopica robot-assistita. Tra i trattamenti standard nei tumori a basso rischio sono comprese la radioterapia a fasci esterni e la brachiterapia (che consiste nell'inserire nella prostata piccoli “semi” che rilasciano radiazioni). 

In caso di metastasi si utilizza la terapia ormonale per ridurre i livelli di testosterone che stimola la crescita delle cellule tumorali prostatiche. La “deprivazione androgenica” porta con sé effetti collaterali quali calo della libido, impotenza, vampate, aumento di peso, osteoporosi. A tal proposito esistono farmaci “nuova generazione” che ottengono lo stesso effetto, ma con meno effetti avversi. Quando la neoplasia diventa insensibile a tale terapia abbiamo a disposizione la classica chemioterapia in associazione all’ormonoterapia di vecchia generazione, ma nuovi farmaci sono in fase di sviluppo.

Screening

Lo screening del carcinoma della prostata mediante un dosaggio ematico del PSA rimane un problema ancora irrisolto. È comunemente accettato che il dosaggio del PSA può essere offerto agli uomini con un’attesa di vita maggiore di 10 anni che lo desiderino oppure in uomini di età compresa fra 40 e 50 anni con fattori di rischio, come familiarità o etnia.

In generale, in assenza di familiarità, si consiglia di eseguire il primo dosaggio del PSA a 45 anni e successivamente di programmare un intervallo di screening “personalizzato” in base alla valutazione urologica. In considerazione della mancanza di alternative adatte ad uno screening di massa, ad oggi il dosaggio del PSA rappresenta il miglior test di screening per il tumore della prostata.