
Sclerosi multipla: uno sguardo sul microbiota intestinale
PUBBLICATO IL 30 MAGGIO 2025
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune del sistema nervoso centrale, la quale colpisce più di 2,9 milioni di persone nel mondo, e per la quale a oggi non esiste cura. Nella sclerosi multipla il sistema immunitario attacca la mielina, la guaina protettiva che circonda gli assoni (i cavi di comunicazione del sistema nervoso), danneggiandola e causando difetti di trasmissione del segnale nervoso.
Nella sclerosi multipla recidivante-remittente, la forma più comune della malattia, queste fasi di attivazione del sistema immunitario, infiammazione e danno alla mielina (fasi di ricaduta) si alternano a fasi in cui l’infiammazione viene riassorbita e la mielina riparata o deposta nuovamente intorno agli assoni (fasi di remissione). Nelle fasi di remissione, i sintomi neurologici della malattia sono attenuati o assenti.
Uno studio pubblicato quest’anno su Cell Reports Medicine dal gruppo di ricerca guidato dalla dottoressa Marika Falcone, group leader del laboratorio di Patogenesi autoimmune dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha indagato il ruolo degli acidi biliari secondari, prodotti da alcuni batteri del microbiota intestinale, nel mitigare l’infiammazione nella sclerosi multipla recidivante-remittente.
Abbiamo discusso con la dottoressa dello studio e delle nuove prospettive sulla patogenesi e i trattamenti della malattia in occasione del 30 maggio, Giornata mondiale della sclerosi multipla.
Il ruolo del microbiota nella modulazione della risposta immunitaria
Il microbiota intestinale è l’insieme delle specie di batteri, funghi, virus e protozoi che popolano l’intestino, e la cui salute è fondamentale per la salute dell’intero organismo, come dimostrato da numerose evidenze scientifiche degli ultimi 20 anni.
Intorno al 2010 la ricerca ha iniziato a indagare il ruolo del microbiota intestinale nel modulare l’attività del sistema immunitario, sia in normali condizioni fisiologiche sia in patologie come infezioni, tumori e malattie autoimmuni.
Anche il gruppo di ricerca della dottoressa Falcone studia da diversi anni la correlazione tra alterazioni del microbiota intestinale e le disfunzioni del sistema immunitario alla base delle malattie autoimmuni, inclusa la sclerosi multipla.
“Già nel 2017 avevamo pubblicato uno studio che mostrava una correlazione tra alterazioni del microbiota intestinale e un’aumentata presenza di linfociti T (cellule immunitarie) pro-infiammatori nell’intestino dei pazienti con sclerosi multipla - racconta la dottoressa Marika Falcone -.
Questa aumentata presenza intestinale di linfociti T pro-infiammatori si associava anche a una maggiore attività della malattia, cioè alla comparsa di nuovi segni neurologici e nuove lesioni attive identificate con la risonanza magnetica”, continua la dottoressa.
I risultati del nuovo studio
Nel nuovo studio pubblicato quest’anno su Cell Reports Medicine, la dottoressa Falcone e il suo gruppo hanno continuato a indagare la relazione tra microbiota intestinale alterato e profilo immunitario e infiammatorio nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente.
Hanno così osservato una ridotta presenza delle specie di batteri che rilasciano gli enzimi necessari a produrre gli acidi biliari secondari nell’intestino dei pazienti esaminati. Gli acidi biliari secondari derivano dal metabolismo degli acidi biliari, le sostanze prodotte dal fegato per digerire (in gergo, emulsionare) i grassi.
Recentemente si è scoperto che gli acidi biliari secondari, oltre a emulsionare i grassi a loro volta, giocano un importante ruolo immunoregolatore. In particolare, promuovono il differenziamento dei linfociti T regolatori, che hanno un ruolo antinfiammatorio, a spese dei linfociti T pro-infiammatori, che invece alimentano la risposta infiammatoria.
Gli autori dello studio hanno mostrato che nell’intestino dei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente la concentrazione di alcuni acidi biliari secondari, in particolare dell’acido desossicolico, era ridotta e associata a una maggiore frequenza di linfociti T pro-infiammatori.
L’esposizione di linfociti T naïve (non ancora con caratteristiche pro-infiammatorie o antinfiammatorie) al microbiota dei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente risultava nel differenziamento in linfociti T pro-infiammatori.
“Quest’osservazione ci indica che le alterazioni osservate nel microbiota intestinale di questi pazienti potrebbero causare direttamente l’aumentata presenza di linfociti T pro-infiammatori a livello intestinale”, commenta la dottoressa Falcone.
In particolare, la somministrazione di acidi biliari secondari a un modello preclinico della malattia risultava in una diminuzione dei linfociti T pro-infiammatori e un aumento dei linfociti T regolatori, antinfiammatori, nell’intestino. Questi miglioramenti del profilo immunitario intestinale si accompagnavano a una diminuzione dell’infiammazione e a un’aumentata presenza dei linfociti T regolatori antinfiammatori nel modello animale.
“I batteri produttori di acidi biliari secondari sembrano dunque essere importanti per prevenire l’infiammazione anche a livello del sistema nervoso centrale. Stiamo adesso lavorando per confermare questi risultati in ulteriori modelli preclinici della malattia”, aggiunge la dottoressa.
La salute del sistema nervoso passa anche dall’intestino
Ma in che modo le alterazioni del microbiota e le conseguenti alterazioni immunitarie a livello intestinale hanno un impatto sul sistema nervoso centrale, che comprende cervello, midollo spinale e retina?
“Nei modelli animali di malattia è stato già dimostrato che l’attivazione della disfunzione autoimmune dei linfociti T che attaccano la mielina potrebbe avvenire proprio a livello dell’intestino - spiega la dottoressa Falcone, che continua - nell’uomo, tuttavia, questo non è stato ancora dimostrato”.
Per questo motivo, uno dei progetti a cui sta lavorando il gruppo della dottoressa si propone di studiare l’insieme dei geni, delle proteine e dei metaboliti del microbiota intestinale umano.
“Abbiamo risultati preliminari che indicano che virus e batteri dell’intestino umano posseggono alcune componenti simili alla mielina, che possono attivare i linfociti T autoimmuni a livello intestinale - continua la Falcone -.
Noi ipotizziamo che questo fenomeno, associato a un quadro infiammatorio intestinale, provochi l’attivazione e l’acquisizione di un profilo infiammatorio da parte dei linfociti T specifici per la mielina che dall’intestino poi raggiungono il sistema nervoso centrale”.
In altri termini, se l’intestino è sano, e non presenta infiammazione, intesa come squilibrio del microbiota e del profilo delle cellule immunitarie, i linfociti T attivati assumeranno caratteristiche antinfiammatorie e protettive.
Se l’intestino, invece, presenta già un profilo infiammatorio, dovuto ad alterazioni del microbiota o ad altri fattori, l’attivazione dei linfociti T farà sì che questi acquisiscano un profilo autoimmune e pro-infiammatorio. Queste cellule potrebbero quindi, tramite i vasi sanguigni e linfatici, giungere al sistema nervoso centrale, dove innescherebbero la reazione autoimmune contro la mielina.
“Tuttavia, queste sono solo ipotesi che devono essere ancora dimostrate nell’uomo - spiega la dottoressa Falcone -. Inoltre, non è da escludere che i mediatori infiammatori e altri messaggeri provenienti dal microbiota intestinale possano direttamente agire sul sistema nervoso centrale, al quale giungono dall’intestino tramite i nervi periferici”.
La prevenzione prima di tutto
Oggi i farmaci immunosoppressori aiutano a tenere sotto controllo i sintomi della sclerosi multipla, a fronte, tuttavia, di effetti collaterali non trascurabili, dovuti anche alla necessità di essere assunti cronicamente.
Per questo motivo, la ricerca si propone di mettere a punto strategie di supporto ai farmaci già esistenti, che includono, per esempio, il ripristino di una composizione equilibrata del microbiota e di un ambiente intestinale antinfiammatorio.
“L’idea è di sperimentare l’introduzione di consorzi di batteri ‘benefici’, con azione antinfiammatoria nell’intestino dei pazienti, per migliorarne la risposta ai farmaci esistenti e prevenire o mitigare soprattutto le fasi di ricaduta nella sclerosi multipla recidivante-remittente.
Tuttavia, va precisato che l’attività del microbiota intestinale è influenzata non solo dalla sua composizione, ma anche da fattori ambientali, tra cui la dieta e l’esercizio fisico, dalla genetica e da una miriade di altri fattori che è complesso tenere sotto controllo”, spiega la dottoressa Falcone.
In questo contesto, la prevenzione primaria rimane la strategia più importante che abbiamo contro la sclerosi multipla.
Negli ultimi anni, i medici hanno riportato un aumento significativo dell’infiammazione intestinale nella popolazione, principalmente dovuto agli stili di vita, come la dieta non equilibrata (ricca di grassi animali e povera di fibre) e il poco esercizio fisico.
“Noi pensiamo che l’infiammazione intestinale sia un fenomeno diffuso nella popolazione generale, e che nei soggetti in cui esiste una suscettibilità genetica per la sclerosi multipla, unitamente a fattori ambientali che aumentano il rischio di malattia, avere un intestino infiammato aumenti la probabilità che i linfociti T, con azione autoimmune contro la mielina, siano attivati nell’intestino”, commenta la dottoressa Falcone.
Studiare l’attivazione del sistema immunitario è senz’altro importante per comprendere la patogenesi della malattia e intervenire tempestivamente con le terapie disponibili, ma la ricerca non va mai in una sola direzione.
“Sono convinta, infatti, che la prevenzione in medicina sia importante tanto quanto la terapia, ed è per questo che è importantissimo trasmettere il messaggio che l’adozione di stili di vita salutari, con diete equilibrate ed esercizio fisico costante, è indispensabile per ridurre e prevenire il rischio associato a numerose patologie che possono dipendere da un microbiota alterato, non solo la sclerosi multipla”, conclude la dottoressa.