Fratture vertebrali dolorose: come funziona la vertebroplastica percutanea, il trattamento mininvasivo per curarle

Fratture vertebrali dolorose: come funziona la vertebroplastica percutanea, il trattamento mininvasivo per curarle

PUBBLICATO IL 03 GIUGNO 2025

Fratture vertebrali dolorose: come funziona la vertebroplastica percutanea, il trattamento mininvasivo per curarle

PUBBLICATO IL 03 GIUGNO 2025

La vertebroplastica percutanea è una procedura terapeutica mininvasiva di Radiologia Interventistica per il trattamento delle fratture vertebrali dolorose, sviluppata in Francia nella metà degli anni 80, ma che solo negli ultimi 20 anni ha avuto diffusione in altri paesi europei e negli Stati Uniti.

Consiste nell’iniezione, attraverso un ago metallico, introdotto sotto la guida della fluoroscopia, di un cemento a bassa viscosità già da tempo impiegato in interventi ortopedici, denominato polimetilmetacrilato (PMMA). Questo si diffonde all’interno del corpo vertebrale fratturato, prevenendo ulteriori cedimenti/fratture, determinando frequentemente una riduzione del dolore e consentendo a quei pazienti che hanno ridotto la propria attività fisica di riacquistare mobilità. 

Ne parliamo più nel dettaglio con il dott. Giovanni Carlo Anselmetti, neuroradiologo interventista presso l’Unità operativa di Neuroradiologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele.

 

Quando si fa l’intervento di vertebroplastica percutanea 

“La vertebroplastica percutanea è indicata in tutti i casi di frattura del corpo vertebrale con dolore persistente che non risponde a una lunga terapia medica, che consiste generalmente nella somministrazione di antidolorifici e di una immobilizzazione con busto ortopedico - spiega il dott. Anselmetti -.

Il dolore dovrebbe essere di tipo focale, intenso, localizzato lungo la linea mediana con evidenza alla radiografia della colonna di una frattura del corpo. La compressione manuale dell’elemento posteriore dovrebbe riprodurre il dolore del paziente. 

La vertebroplastica presenta un duplice obiettivo: ridurre il dolore e stabilizzare la frattura vertebrale. Questo intervento è indicata nelle seguenti condizioni cliniche:

  • fratture vertebrali da osteoporosi resistenti alla terapia medica. Il rischio nella vita di sviluppare una frattura vertebrale da compressione è del 16% nelle femmine e del 5% nei maschi. Spesso questi pazienti sono disabili perché non riescono a camminare e hanno una riduzione della propria attività lavorativa;
  • fratture vertebrali secondarie a tumori benigni o maligni della colonna vertebrale come, ad esempio, angiomi, metastasi e mieloma multiplo”.

Fondamentale è l’approccio multidisciplinare composto da medici di diverse specialità come ortopedici, radiologi, anestesisti, oncologi, ecc. Infatti, è necessario un corretto inquadramento del paziente con raccolta dei dati anamnestici, una visita neurologica e deve essere fornita un’adeguata documentazione radiologica. È in genere sufficiente una radiografia della colonna ed eventualmente una risonanza magnetica nei soggetti con cedimenti multipli o con patologia neoplastica. 

È bene, inoltre, informare il paziente dei rischi dell’intervento e sottoporlo agli accertamenti preoperatori necessari. In particolare, deve essere valutata attentamente la funzionalità respiratoria del paziente che durante la manovra rimane a lungo in posizione prona; la sua funzione respiratoria può, infatti, essere aggravata dalla possibile tossicità della componente volatile monometrica del cemento.

 

Per chi e quando non è indicata la vertebroplastica

La vertebroplastica percutanea non è indicata nei pazienti:

  • in cui prevale il dolore radicolare (es. ernia discale);
  • che traggono giovamento dalla terapia medica;
  • con tumori che si estendono allo spazio epidurale con infiltrazione del midollo spinale e 
  • come profilassi in pazienti osteopenici senza segni radiologici di frattura. 

Inoltre, sono controindicazioni relative (legate all’esperienza dell’operatore) la vertebra plana e un’invasione del canale vertebrale di oltre il 20% con compressione del midollo spinale.

L’età avanzata del paziente non è una discriminante per porre indicazione alla vertebroplastica, in quanto la procedura non richiede un’anestesia generale, ma solo una sedazione ed è una procedura mininvasiva che non richiede un accesso chirurgico.

 

Come funziona l’intervento di vertebroplastica percutanea

“Per stabilire la sede di iniezione e per verificare il percorso dell’ago, è necessario utilizzare una guida radiologica fluoroscopica digitale (sala angiografica) che preveda anche la possibilità di acquisire immagini rotazionali simili alla TC - continua lo specialista -.

Il percorso dell’ago dalla cute al centro del corpo vertebrale viene valutato sulle immagini di TC per evitare le possibili complicanze conseguenti alla puntura. Il percorso è generalmente: 

  • transpeduncolare per le vertebre lombari; 
  • attraverso l’articolazione costo-trasversaria per le vertebre dorsali; 
  • antero-laterale per le vertebre cervicali; 
  • transorale per il dente dell’epistrofeo (è la vertebra cervicale C2 che sostiene la testa, il cosiddetto “osso del collo”).

 

Dopo aver scelto la via d’accesso più corretta mediante il posizionamento di reperi metallici cutanei, viene eseguita un’anestesia locale con aghi spinali specifici. È importante che l’anestesia sia effettuata anche in profondità in corrispondenza del periostio (la parte più esterna dell’osso).

Per l’iniezione del cemento vengono utilizzati aghi con punta conformata ‘a becco di flauto’ che vengono inseriti nel corpo vertebrale sotto guida fluoroscopica.

Dopo aver collocato gli aghi nella sede corretta, si procede all’iniezione del PMMA (polimetacrilato) sotto diretto controllo fluoroscopico per identificare precocemente l’eventuale stravaso di cemento in sede extravertebrale, evento che precauzionalmente deve indurre a una sospensione del trattamento. Uno stravaso di cemento è nella maggior parte dei casi un evento non significativo, ma raramente ha determinato l’insorgenza di sintomi da compressione neurologica. 

Al termine della procedura viene effettuato un controllo con la TC per valutare la diffusione del cemento e l’eventuale presenza di complicanze”.

La vertebroplastica percutanea può essere eseguita con approccio monolaterale o bilaterale e in genere è sufficiente l’iniezione di 2-6 ml di cemento per ottenere un buon effetto antidolorifico.

Tutta la procedura, dal posizionamento degli aghi all’iniezione del cemento, è generalmente indolore per il paziente e richiede un tempo variabile da 30 a 60 minuti circa a seconda dei casi e del numero di corpi vertebrali da trattare. 

In tutti i casi trattati è buona norma fare precedere all’iniezione di cemento una biopsia vertebrale per determinare la natura della frattura. Infatti, non è raro rilevare una patologia neoplastica misconosciuta in un cedimento vertebrale.

 

La vertebroplastica percutanea in sintesi

La vertebroplastica percutanea è un intervento semplice, poco invasivo, che richiede il ricovero di 1 solo giorno e che determina la scomparsa o la riduzione significativa e duratura del dolore nel 80-97% dei pazienti. 

I risultati sono migliori e più duraturi nei soggetti con frattura da osteoporosi rispetto a pazienti con metastasi. 

“La vertebroplastica percutanea è un intervento semplice, efficace e sicuro che ha le caratteristiche per diventare ampiamente diffuso, anche perché consente di trattare pazienti fortemente debilitati che spesso non hanno altre prospettive terapeutiche - conclude Anselmetti -. 

Inoltre, in futuro una più approfondita conoscenza della biomeccanica delle fratture vertebrali consentirà lo sviluppo di nuovi cementi e materiali che amplieranno ulteriormente le indicazioni e renderanno più agevole l’esecuzione della manovra”.