Malattie Rare

Sindromi autoinfiammatorie ereditarie familiari

Cosa sono

Le sindromi autoinfiammatorie ereditarie familiari sono un insieme di patologie rare causate da una attivazione eccessiva del sistema immunitario, in particolare l’immunità innata che ci protegge naturalmente nei confronti degli agenti esterni. 

L’attivazione esagerata e sproporzionata dell’immunità innata, in assenza di fattori scatenanti identificabili o in presenza di stimoli anche minimi, prende il nome di autoinfiammazione. Nella maggior parte dei casi questa disregolazione è dovuta a mutazioni a livello dei geni (mutazione genetica ereditaria a livello familiare) che codificano per proteine coinvolte nella regolazione dell’immunità innata, la cui azione viene amplificata fino a danneggiare l’organismo invece che proteggerlo.

Queste sindromi sono malattie rare con una prevalenza compresa tra 1-5/10.000, che si manifestano generalmente nell’età pediatrica con alcuni distinguo: 

  • la TRAPS e la Fmf insorgono in genere prima dei 20 anni di età, quest’ultima è diffusa soprattutto nelle popolazioni mediterranee (armeni, turchi, ebrei e arabi), la cui frequenza di portatori è elevata (1/5-1/10); 
  • la AOSD può colpire tutte le età dopo i 16 anni e nel 60% dei casi colpisce le donne;
  • la VEXAS attualmente è stata descritta solo in soggetti di sesso maschile con età media oltre i 60 anni.

Come si riconoscono

Nella maggior parte dei casi l’esordio dei sintomi delle sindromi autoinfiammatorie ereditarie familiari si ha in età pediatrica, come nel caso della:

  • febbre mediterranea familiare (FMF);
  •  sindrome periodica associata al recettore del fattore di necrosi tumorale (TRAPS).

Tuttavia, accanto a questi quadri, vi sono anche malattie che esordiscono in età adulta come:

  • il morbo di Still dell’adulto (AOSD);

la sindrome VEXAS, recentemente identificata e descritta. 

Le caratteristiche basilari dei disordini autoinfiammatori ereditari possono durare ore, giorni, settimane o, raramente, essere subcontinui; tra i più frequenti:

  • attacchi ricorrenti di febbre;
  •  infiammazione d’organo con associato rialzo di indici di flogosi (PCR, VES, ferritina, proteina siero amiloide).
  • rash cutanei;
  • dolore articolare, con episodi di gonfiore a livello delle articolazioni;
  • dolori muscolari;
  • dolore addominale;
  • manifestazioni oculari;
  • ingrossamento dei linfonodi;
  • sierositi. 

I periodi tra un attacco infiammatorio e l’altro sono spesso caratterizzati da benessere clinico e normalizzazione degli indici di infiammazione, ma la ricorrenza degli episodi infiammatori, soprattutto nei pazienti diagnosticati tardivamente o non trattati, costituisce un rischio per lo sviluppo di danni d’organo e complicanze a lungo termine come l’amiloidosi renale.

La diagnosi

La diagnosi delle malattie autoinfiammatorie è spesso una diagnosi di esclusione e ciò significa che prima di poter porre diagnosi è necessario escludere la presenza di altre cause che possano spiegare i sintomi e i segni descritti; in particolare, va esclusa la presenza di infezioni, neoplasie solide ed ematologiche, immunodeficienze e malattie autoimmuni. 

Una volta posto il sospetto clinico di sindrome autoinfiammatoria si procede in genere all’esecuzione dell’indagine molecolare per la ricerca di mutazioni genetiche nel Dna, utile ai fini diagnostici soprattutto per le sindromi per cui sono già noti i geni e le mutazioni responsabili (tra cui la Fmf, la TRAPS e la VEXAS). 

Esistono comunque numerosi criteri classificativi che risultano fondamentali soprattutto per le sindromi per cui ancora la caratterizzazione molecolare è in via di definizione (come per la AOSD).

Come si cura

La terapia delle malattie autoinfiammatorie si avvale di farmaci volti a modulare l’attività del sistema immunitario innato.

Nel dettaglio per ciascuna malattia si possono avere i seguenti trattamenti:

  • la FMF risponde bene al trattamento con colchicina;
  • la TRAPS risponde meglio al trattamento con farmaci steroidei e in alcuni casi a anticorpi monoclonali anti-TNF o anti recettore della IL-1;
  • per il trattamento della AOSD si sono dimostrati molto efficaci gli anticorpi monoclonali in grado di bloccare l’attività della IL-1, come canakinumab e anakinra e anti-recettore dell’IL-6 (Tocilizumab);inoltre, in questo ultimo caso, vengono anche utilizzati altri farmaci immunosoppressori come il methotrexato e la ciclosporina A.

Medici referenti

Dagna Lorenzo
Campochiaro Corrado
Baldissera Elena
Tomelleri Alessandro