Celiachia nell’adulto

PUBBLICATO IL 10 APRILE 2024

La celiachia è una malattia multisistemica che si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti, i quali all’esposizione con il glutine, in particolare alla frazione più tossica, la gliadina, sviluppano una risposta infiammatoria immuno-mediata. L’organo bersaglio della risposta infiammatoria è il piccolo intestino e la conseguenza è la distruzione dei villi intestinali che sono le strutture deputate all’assorbimento delle sostanze introdotte con la dieta. 

È una patologia che può avere un ampio spettro di manifestazioni cliniche, ma che, talvolta, può presentarsi senza sintomi; la diagnosi diventa fondamentale per un inquadramento clinico specifico e per un percorso terapeutico adeguato. Presso l’Ospedale San Raffaele, l’Ambulatorio Celiachia nasce proprio con lo scopo di diagnosi e di trattamento della malattia celiaca.

La dottoressa Paoletta Preatoni, responsabile dell’Unità Funzionale di Gastroenterologia Clinica dell’Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele diretta dal professor Silvio Danese, approfondisce meglio il tema della malattia celiaca e dell’approccio adottato all’interno della struttura.

 

Cos’è la celiachia

“La celiachia è una patologia multifattoriale scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti che sono geneticamente predisposti. La lesione base della malattia celiaca è l’atrofia dei villi intestinali, ossia una lesione della mucosa del piccolo intestino che è l’organo deputato ad assorbire le sostanze introdotte con la dieta - spiega la dr.ssa Preatoni -.

Si tratta di una malattia sistemica in quanto l’atrofia della mucosa intestinale porta a un malassorbimento delle sostanze nutritizie, in particolare delle vitamine e dei sali minerali che si ripercuotono su tutto l’organismo. Il paziente sintomatico può presentare anemia, osteomalacia (riduzione della mineralizzazione ossea), osteoporosi, perché non vengono assorbiti correttamente il ferro, il calcio, il fosforo e tutte le altre sostanze nutritive che normalmente attraversano la mucosa intestinale per essere riversate nel circolo sanguigno.

La malattia celiaca ha un’elevata prevalenza nei paesi occidentali con un rapporto di 1 su 100 abitanti e, come tutte le malattie autoimmuni, è più frequente nella donna con un rapporto maschio-femmina 1 a 3”.

 

Come si manifesta la celiachia 

La celiachia ha uno spettro di manifestazioni cliniche molto vario; i sintomi tipicamente gastroenterici sono:

  • dolore addominale;
  • gonfiore;
  • calo ponderale;
  • diarrea.

Questi sintomi dipendono dal fatto che le sostanze non assorbite richiamano acqua nell’intestino e vengono maggiormente fermentate dai batteri. Altri sintomi sistemici possono essere, per esempio: 

  • astenia (debolezza); 
  • stanchezza cronica; 
  • cefalea
  • infertilità; 
  • poliabortività.

I pazienti celiaci sintomatici sono però solo la punta dell’iceberg. Infatti, la maggior parte dei celiaci sono asintomatici e gli esami di laboratorio possono presentare solo minime alterazioni; oppure possono essere o paucisintomatici, ovvero presentano una sintomatologia aspecifica a volte sovrapponibile a quella del colon irritabile.

 

Come si diagnostica la celiachia negli adulti

La diagnosi della malattia celiaca viene effettuata nel momento in cui sono presenti dei sintomi sospetto o se dagli esami del sangue vengono rilevati determinati fattori quali, per esempio: 

  • un’anemia più frequentemente microcitica sideropenica (da malassorbimento del ferro); 
  • un quadro discrepante rispetto all’età e al sesso del paziente rilevato dalla MOC;
  • un’alterazione delle transaminasi.

“L’aumentata prevalenza e diagnosi della malattia celiaca è dovuta al fatto che quasi tutti gli specialisti sono sensibilizzati sul tema: il ginecologo, ad esempio, quando c’è una situazione di infertilità può richiedere i test per la celiachia - precisa la gastroenterologa -.

La diagnosi viene effettuata con un primo step tramite le analisi del sangue che rilevano il livello degli anticorpi nel caso in cui si ha la malattia celiaca. In particolare, vengono presi in considerazione: 

  • gli anticorpi antitransglutaminasi, che sono i più sensibili;
  • gli anticorpi anti-endomisio;
  • gli anticorpi antigliadina deamidata.

Se il risultato dei test sierologici è positivo (ovvero è presente almeno uno degli anticorpi nel sangue del paziente), nell’adulto è necessario procedere a conferma istologica che si ottiene facendo una gastroscopia con una biopsia duodenale. Ultimamente sono stati pubblicati alcuni lavori in cui si evidenzia come l’attendibilità per determinati valori degli anticorpi antitransglutaminasi e il dato istologico potrebbero far sì che nell’adulto prima o poi si possa evitare la biopsia. Allo stato attuale, infatti, la biopsia duodenale è necessaria per la conferma istologica di un’atrofia o di un’iniziale infiltrazione dei linfociti intraepiteliali per formulare la diagnosi e prescrivere l’esenzione dal punto di vista burocratico sia per gli esami da fare nel follow up sia per gli alimenti”. 

 

Il trattamento della celiachia nell’adulto

Il trattamento attuale della malattia celiaca è l’eliminazione del glutine dalla dieta. Nell’arco di 6-8 mesi si può ottenere la negativizzazione degli anticorpi. In genere dopo 12-18 mesi c'è un ritorno al normale trofismo della mucosa intestinale. 

“Tuttavia - come spiega la dottoressa Preatoni - c’è un po' di speranza per i pazienti celiaci. Ad oggi, ci sono numerosi lavori e studi di ricerca volti a identificare un farmaco o un vaccino rivolti ai pazienti celiaci”. 

È una possibilità per il paziente celiaco di poter introdurre in futuro il glutine senza che sia uno stimolo all’attivazione di una risposta.

 

L’Ambulatorio Celiachia all’IRCCS Ospedale San Raffaele

L’IRCCS Ospedale San Raffaele ha recentemente aperto un Ambulatorio dedicato alla malattia celiaca – coordinato dal dr. Graziano Barera (area bambini) e dalla dr.ssa Preatoni (area adulti) - che si rivolge a pazienti over 18 anni e under 18 anni che presentano un sospetto della malattia celiaca, un’anemia non specificata, o vengono inviati dallo specialista ginecologo che ha già eseguito i test e giungono all’Ambulatorio per avere una prima diagnosi.

“Il paziente può giungere all’Ambulatorio con una sierologia positiva per procedere alla gastroscopia. Una volta che si ha a disposizione l’istologico, il paziente viene visitato nuovamente per concludere il percorso diagnostico e formulare la diagnosi - afferma la dottoressa -.

Se, invece, il paziente presenta una sospetta celiachia senza un dato sierologico, vengono effettuate le analisi per verificare la positività tramite gli anticorpi. Una volta risultato positivo, si procede con la gastroscopia, con le successive biopsie duodenali e infine con il follow-up.

Inoltre, in presenza di pazienti con casi particolari o dubbi, l’Ambulatorio può eseguire il test genetico non eseguibile in tutte le strutture. È importante, infatti, sottolineare come la malattia celiaca ha una predisposizione genetica”.

 

Gluten sensitivity e celiachia

Accanto alla malattia celiaca c’è un’altra forma di intolleranza al glutine, la gluten sensitivity, che prevede che il paziente presenti una serie di sintomi che lamenta e che imputa associati all’ingestione di glutine. Si tratta, però, di sintomi che possono sovrapporsi al colon irritabile (gonfiore, dolore addominale, digestione laboriosa, la cefalea, ecc.).

È molto importante, quando c’è un paziente che riferisce sintomi strettamente legati al glutine, che sia preso in carico da uno specialista. È infatti di cruciale rilevanza riuscire a effettuare la diagnosi di malattia celiaca rispetto a quella del gluten sensitivity in quanto i percorsi terapeutici sono diversi.

“La malattia celiaca non prevede un trattamento di cura se non l’eliminazione del glutine dalla dieta - conclude Preatoni -. Per le gluten sensitivity, invece, si può modulare la risposta sintomatologica modificando la quantità di glutine che si introduce ed eliminando il glutine per un determinato periodo per rintrodurlo successivamente senza problemi”.

Cura e Prevenzione